TITOLO AMMICCANTE QUELLO DEL NOSTRO ANGELO PARATICO PUBBLICATO SUL SITO DEL CORRIERE GESTITO DA DINO MESSINA.
Ricordo la mia sorpresa in chiesa, ancora bambino, nel sentire che a Gesù in croce i suoi carnefici offrirono aceto. Tale fatto m’impressionò negativamente, come una crudeltà nella crudeltà nei confronti del nostro Salvatore. Tale episodio appare in forma diversa in tutti e quattro i Vangeli.
“Gli diedero aceto da bere mischiato a della bile. E quando lo assaggiò smise di berlo” Matteo (27:34). E poi, sempre Matteo, aggiunge (27:48) “Uno di loro corse da lui, prese una spugna e la immerse nell’aceto, poi la infilò su una canna e gliela diede da bere.”
In Luca (23:36): “E i soldati lo derisero, gli andarono sotto e gli offrirono aceto” e in Marco (15:36): “Uno corse e riempì la spugna di aceto, la mise su una canna e gliela diede da bere, dicendo, vediamo se Elia verrà a tirarlo giù di qui.”
Giovanni (19:30) scrive: “Gesù disse: ho sete. Sistemarono un recipiente pieno d’aceto; ci immersero una spugna e poi la misero su un di un ramo d’issopo e l’alzarono alle sue labbra. Gesù ricevette l’aceto e poi disse: È finita, chinò il capo e rese l’anima.”
Secondo Matteo, all’inizio gli fu offerto aceto mischiato a bile ma Gesù rifiutò l’intruglio. Eppure quello fu un atto di pietà, vedremo fra poco perché, da parte degli addetti al supplizio, che quasi sicuramente non erano cittadini romani ma dei provinciali, forse siriani o ausiliari locali (qualcuno crede addirittura che San Paolo fu uno di loro).
La bile estratta da certi animali ha un effetto anestetico e secondo antiche tradizioni tale bile era fornita da pie donne di Gerusalemme per lenire gli atroci dolori dei condannati a morte. Fra l’altro le secrezioni della bile animale sono presenti anche nella farmacopea antica cinese. Pur essendo amarissima, ha un effetto sedativo, ipnotico e disinfettante. Un po’ come un bicchiere di whisky. Nella Bibbia (Numeri 6:13 e Ruth 2:14) si parla di una bevanda rinfrescante, amara e mischiata con aceto, ma simili bevande erano comunemente usate anche in Grecia e a Roma, soprattutto dai soldati e dagli schiavi che facevano lavori pesanti. I romani chiamavano posca tale bevanda.
Dunque la spugna con quella bevanda non fu un atto ostile o uno scherzo, ma era la bevanda standard dei soldati romani e degli ausiliari.
Quel giorno fatidico fu quasi certamente il 3 aprile del 33, secondo il Calendario Giuliano. Siamo abbastanza sicuri di questa data per via d’una parziale eclisse di luna, visibile a Gerusalemme alle 18 e 20, come racconta Pietro (Atti 2:20).
Gerolamo Cardano (1501-1577?) un medico e filosofo milanese, indicò correttamente la posca come una delle possibili ragioni della grandezza dei romani, oltre al fatto che mangiavano carne salata e che la penisola italica poteva sostenere un gran numero di uomini.
La sua intuizione resta notevole, perché il concetto che esistano microbi e batteri invisibili all’occhio era allora sconosciuta e le prime indagini scientifiche risalgono solo agli inizi del ‘800, con il medico personale di Alessandro Manzoni, Enrico Acerbi (1785-1827) nato a Castano Primo, in provincia di Milano, e purtroppo morto troppo giovane.
Gerolamo Cardano parla della posca in un suo geniale libello scritto per lodare l’imperatore Nerone, intitolato “Neronis Encomium” e pubblicato a Basilea nel 1562.
La posca dei romani era acqua mischiata ad aceto, con l’aggiunta di spezie e miele per migliorarne il sapore e questa per secoli rimase la loro bevanda standard, che li protesse dalle infezioni, perché l’acido acetico ha un leggero effetto anti batterico. E a volte veniva addirittura scaldata per meglio amalgamare il miele e le spezie, ottenendo un effetto di pastorizzazione.
La posca può essere paragonata alla Coca Cola dei nostri giorni quando era di alta qualità, con un sapore simile, leggermente acidulo, dolce e aspro quando mischiata a bacche, miele e bile animale.
Angelo Paratico