Sei nato a Magenta proprio vicino alla redazione di CAM, in via Manzoni. Quando e da dove è nata la tua vocazione? “Ho 72 anni. Noi ragazzi frequentavamo l’oratorio dove c’era don Giuseppe Cuni. Un prete in gamba che ci voleva un mondo di bene. Facendo il chierichetto lo vedevo sempre dedito al Signore con una capacità grande di farci conoscere la Storia Sacra. E io dicevo: “Ma questo don Giuseppe è una persona che vuole davvero bene agli altri. Mi ha affascinato questa sua dedizione. Mi piacerebbe essere come lui”. Di fronte al portone di casa mia vedevo uscire don Paolo Masperi, che ora è a Mesero, e volli seguire questa strada. E così nel 1959 sono entrato in seminario a Seveso continuando a Venegono, diventando prete nel 1969. Un periodo delicato. Mentre ci ordinavano preti fuori suonavano le sirene della polizia. Erano gli anni di piombo. Fu un periodo che mi mise alla prova. Mi mandarono nella zona di Vimercate dove venni nominato professore di religione in una scuola superiore. A Milano si combattevano le battaglie e i ragazzi che venivano a scuola erano dei nostri oratori. Con loro abbiamo cominciato a riflettere su tutte le realtà, quella religiosa e anche quella sociale che stavamo vivendo”.
Cominciano gli anni di don Giuseppe in cui cresce la sua voglia di essere prete in mezzo alla gente e con il Vangelo in mano. Oggi è a Pontevecchio e Pontenuovo, nella comunità pastorale di Magenta. E si considera un ‘prete felice’,
Cos’è la vocazione? “Non è facile da spiegare. E’ una chiamata. Ma Dio usa tanti modi per farsi sentire. Per me è stato l’esempio di un sacerdote che mi ha affascinato. Dio non lo si conosce mai in modo definitivo, ma lo si ricerca sempre. Una vocazione è sempre un cammino di vita che ti permette di scoprire Dio in tantissimi modi. Sono stato in tanti paesi e ogni mia esperienza pastorale mi ha arricchito. Ogni cosa della vita può essere un segnale di Dio2.
Ma quali sono le caratteristiche che deve avere un sacerdote oggi? “Deve essere, anzitutto, un contemplativo. Avere lo sguardo di dio sul mondo. Se un prete non ha lo sguardo di Dio sul mondo ha il suo sguardo. Contemplativo vuole dire ritenersi uno strumento di Dio. Deve stare in mezzo alla gente perché Dio abbraccia tutti. Deve essere appassionato della gente, di tutta la gente. Deve essere l’uomo della Gioia“.
C’è un calo dei praticanti. Per quale motivo molti non frequentano più la chiesa? “Proviamo a darci delle colpe, noi Chiesa di Dio. Anche Papa Francesco spesso dice che la Chiesa deve chiedere perdono. Forse abbiamo costruito dei ‘Cristiani Obbligati’. Ma prima devi scoprire l’amore che Dio ha per te. Poi, se ti senti amato, rispondo all’amore con il tuo amore. E vivi da Cristiano”.
Per coloro che si sono allontanati da tempo? “Bisognerebbe partire dall’esperienza personale. Proverei con loro a trovarci insieme a leggere il Vangelo. Diverse persone valorizzate in termini positivi hanno abbracciato nuovamente la Chiesa. Forse le prediche migliori sono quelle dei funerali. Perché penso che il giorno più bello sarà quello del mio incontro con Il Signore Non me ne vogliano i commercianti. Ma le luminarie che troviamo in giro ci distolgono dalla realtà della vita!“
Don Giovanni parla di tantissime altre cose. Dell’importanza degli oratori, di come sono cambiate le persone a Magenta, di tanto altro…