Ci si lamenta spesso del fatto che in Italia non c’è lavoro, che, per trovare un futuro consono alle proprie aspettative, bisogna necessariamente trasferirsi all’estero, svantaggiando così il paese natale…ma ci siamo mai domandati se la fonte primaria, ossia la gioventù, sarebbe in grado di occupare degnamente un posto di lavoro?
La risposta è fornita dai dati statistici che mostrano una grandissima percentuale di giovani, dai 15 ai 29 anni circa, il cui passatempo preferito è rimanere in casa tutto il giorno, tra Play Station, merendine e riposini un po’ troppo lunghi. NEET è il loro soprannome e nessuno sembra occuparsene (ndr. N.E.E.T. vuol dire: Not (engaged) in Education, Employment or Training – Individui che non sono impegnati nello studio o nel lavoro).
In Italia, un giovane su 4 è fermo alla terza media, mentre solo uno su 5 è laureato. Ci siamo mai chiesti il perché? Che fine fanno tutti coloro che non conseguono il diploma e decidono di abbandonare il loro percorso scolastico? Molti rimangono a casa con i genitori fino a tarda età, altri cercano un posto di lavoro che inevitabilmente si mostrerà inadatto alle loro ridotte competenze e altri ancora entrano in giri poco consigliati, venendo così dimenticati.
Spesso si è portati ad additare questi giovani, a criticarli per le loro malsane scelte di vita, che indubbiamente lo sono, ma bisognerebbe chiedersi se è solo la pigrizia che li porta ad abbandonare la scuola, il loro futuro e quindi la loro vita oppure c’è altro.
Ogni giorno si discute di un’infinità di problemi che sorgono nel nostro paese, dalle tematiche più svariate, e spesso vengono messi in secondo piano quelli che riguardano il futuro del paese stesso, concretamente parlando.
È una questione che deve essere analizzata, partendo dal principio, cercando di capire perché i giovani arrivano a compiere determinate scelte e forse mettendo anche in discussione il sistema scolastico, intoccabile ed identico da un tempo inesorabile.
I dati sono concreti e le statistiche, confrontate con quelli di altri paesi, parlano da sole. Il problema esiste e bisogna prendersene cura, prima che, tra qualche anno, i pochi laureati emigrino all’estero e dell’Italia, si ricorderà forse, qualche pensionato un po’ nostalgico.