-“Dottore, posso dirLe che quel quadro è davvero molto bello? Potrei fargli una foto?”
-“Certamente. Pensi che lo ha dipinto una mia paziente affetta da sindrome di Down”
Anni fa dipinsi un piccolo quadro che intitolai “La luna e i pesci” del quale non sono mai stato soddisfatto e non so ancora il perché.
Mi diverte guardare i quadri che le persone hanno in casa o nei loro uffici, quindi la prima volta che sono entrato nello studio del mio medico curante ho notato, in mezzo alle immancabili stampe di artisti famosi, un grazioso dipinto. Piccolo e ben incorniciato si divideva il chiodo con un calendario.
L’immagine mi ha colpito subito per i toni delicati ma soprattutto per il soggetto che ritraeva. Ho pensato che avesse potuto dipingerlo un bambino, forse il figlio del Dottore. Oltre all’atmosfera che il quadro emanava mi colpì l’insieme degli elementi ritratti: la luna, l’onda, il sole e, più di tutte, a renderlo davvero unico, le due stelle marine adagiate sulla sabbia bianca.
Ogni volta che mi recavo dal Medico ci buttavo uno sguardo. Qualche giorno fa ho chiesto il permesso di fotografarlo e nel prenderlo in mano, staccarlo da quel chiodo e osservarlo da vicino ho provato una piacevole sensazione. L’operazione è stata talmente rapida che solo quando mi sono trovato in ascensore, ingrandendo l’immagine sullo schermo del telefono ho notato i pesci. Si muovevano ciascuno in direzione diversa stazionando sotto la superficie dell’acqua, al chiaror della luna. Insomma, proprio la luna e i pesci che avevo tentato di dipingere io, ma anche due stelle marine rosse su un angolo di spiaggia bianca. Una composizione davvero bella per la sua genuinità.
Mi sento ispirato e decido di riprodurre il quadro, di farne una versione mia, dopotutto il motivo per cui iniziai a dipingere fu proprio che non sopportavo di appendere delle stampe alle pareti. Mi piacciono la rivisitazione, la reinterpretazione, il contatto e il confronto con un altro individuo che butta fuori ciò che è e ciò che sente, dunque un artista.
Prendo un pannello telato grossomodo delle stesse dimensioni dell’opera in questione e inizio a tracciare una bozza con la matita. Subito mi rendo conto che questa strada è sbagliata. L’autore del quadro non ha proceduto in questo modo. Sarebbe un errore cercare di replicare il risultato finale, non intendo farne una copia ma carpire la quintessenza che ha generato questa piccola opera, quella che Kandinsky definiva “la necessità interiore di esprimersi”. Si tratta quasi di stabilire un contatto tra anime. Allora inizio a cancellare i tratti a matita pur lasciandone leggeri segni, perché in fondo ora sono io che mi esprimo, non più lei. Parto dalla luna che nel suo taglio è indefinita, nell’esecuzione mi lascio guidare dai colori ricordando l’insegnamento di Gauguin.
Ammetto a me stesso che questa ragazza è riuscita a fare il quadro che avevo in mente tanti anni fa. Ha stabilito un contatto tra la luna e i pesci, aggiungendo un’onda gigantesca che non fa paura e due stelle marine che somigliano a due ciambelle, due panettoni, per il modo in cui sembrano posare la loro massa abbondante sulla superficie morbida della sabbia.
Imito l’autore usando pochi colori. Dipingo e osservo, osservo e dipingo. Più cerco di fare lo stesso quadro meno mi sento libero. Rischio di cadere nella trappola dell’emulatore, chi ha fatto questo quadro non copiava nessuno, era sé stesso mentre dipingeva. La quintessenza di quest’opera è la libertà e la serenità dell’artista nel momento della realizzazione.
Noto una cosa che mi stupisce: le due stelle marine non sono ferme, una delle due si sta tuffando nel mare, consapevole che l’andirivieni delle piccole onde renderà graduale e naturale l’ingresso e poi l’immersione (per metà è già in acqua).
L’osservazione di questa scena mi mette in armonia, mi riconcilia e mi rendo conto che la mia necessità interiore di esprimermi non ha riguardato soltanto la riproduzione (a modo mio) di quest’opera, ma anche la scrittura di questo breve testo.
Oggi, come nel 1910, l’arte ha molto a che vedere con la necessità di esprimersi e sempre meno con le abilità. Ci aiuta a buttar fuori ciò che abbiamo dentro, e alle volte qualcun altro viene intercettato dai nostri cosmi.
La prossima volta che andrò dal Dottore gli parlerò di questo quadro dicendo che forse merita di avere un chiodo tutto suo.