“L’ansia è sempre un vuoto che si genera tra il modo in cui le cose sono e il modo in cui pensiamo che dovrebbero essere; è qualcosa che si colloca tra il reale e l’irreale” (Charlotte Joko Beck, 1993) Molto spesso e, in particolare negli ultimi tempi, sentiamo parlare chi ci circonda di ansia e attacchi di panico. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 4% della popolazione mondiale soffrirebbe di disturbi d’ansia, collocandoli tra i disturbi più diffusi a livello globale.
Non solo, ma la percentuale di persone che ne sono colpite è aumentata del 15% negli ultimi 10 anni (OMS, 2017). Ma quale significato si nasconde dietro la parola “ansia”? L’ansia, in generale, è considerata una condizione fisiologica e non disfunzionale in sé, anzi, risulta essere indispensabile ai fini della sopravvivenza: è una sorta di preparazione ad affrontare un pericolo o una minaccia che si avverte, o una situazione che ci metterà in difficoltà. Si pensi, ad esempio, all’ansia che vibra nel nostro corpo prima di una prova importante (un esame all’università, un nuovo lavoro, una presentazione in pubblico o moltissime altre situazioni che mettono noi e le nostre capacità al centro di un evento importante). In questo caso sperimentare un po’ d’ansia può incidere nel migliorare la capacità di riuscita in quanto facilita processi di attenzione e concentrazione che contribuiscono alla capacità di risolvere positivamente le incognite presenti nella nuova situazione (Panico, 2016). Ma quando si può parlare di disturbo d’ansia? Quando la persona sovrastima i pericoli legati all’ambiente circostante e sottostima le proprie capacità di far fronte a tutte queste minacce. Quando l’ansia si ingigantisce a tal punto da diventare eccessiva e costringere la persona a limitare la propria vita e potenzialità, ecco che diventa un vero e proprio disturbo e accade che l’intensità e la frequenza della stessa e l’insieme dei comportamenti attuati per farvi fronte (come evitamenti di luoghi o situazioni, rituali di controllo, paure anticipatorie, ecc.) diventano talmente compromettenti da incidere nella vita delle persone. La paura che questo sentimento di penosa e improvvisa angoscia ritorni si instaura come un’emozione permanente e un pensiero fisso nelle persone che ne soffrono: per questo motivo sperimentano quotidianamente una condizione di attivazione, di allerta e di vigilanza smisurata verso tutto ciò che accade nell’ambiente e verso tutti i piccoli cambiamenti che avvertono a livello somatico dentro di sé. L’ansia è paragonabile ad un vortice inatteso che fa sentire “estranei al mondo delle cose e al mondo delle persone” ed è riempita di “inquietudine e smarrimento, di vertigine e d’insicurezza, d’inconoscibilità e di metamorfosi spaziotemporali che come le alte maree sommergono la vita psichica, trascinando con sé un cambiamento radicale e fulmineo di orizzonti conoscitivi ed esperienziali. Non ci sono più luoghi familiari intorno a sé, né in casa né fuori di casa, e dovunque le cose si fanno enigmatiche e ambiguamente allusive” (Borgna, 1997). Dando uno sguardo alle ricerche, queste ci indicano come, ad esempio, crisi d’ansia e attacchi di panico compaiano sopratutto in momenti di transizione del ciclo di vita: l’uscita dalla famiglia, una nuova convivenza, la sindrome del nido vuoto in seguito all’allontanamento dei figli, separazioni da figure di attaccamento per noi importanti e mai superate o altri eventi più o meno traumatici e per noi altamente significativi (Gabbard, 2000).
Le crisi d’ansia non sono quindi motivate da una reale minaccia esterna di pericolo alla nostra sopravvivenza, bensì vengono attivate dall’interpretazione più o meno consapevole degli eventi che ci accadono: la persona reagisce all’ambiente non per come realmente è, ma per come lo percepisce. Le nostre interpretazioni vengono guidate da costrutti, mappe relazioni e immagine di sé che costruiamo nel corso della nostra esistenza e che talvolta generano pensieri automatici disadattivi: all’origine dei disturbi vi è proprio un modo disfunzionale di pensare e interpretare gli eventi, che influenza vita psichica, affettiva e comportamentale delle persone. Se da un lato questo disturbo invalida improvvisamente e in modo sconcertante la volontà delle persone, dall’altro contiene al tempo stesso anche un implicito messaggio di cambiamento, come un prezioso e importante campanello di allarme. L’ansia può essere considerata, infatti, nella sua valenza clinica e terapeutica, come importante segnale di cambiamento comportandosi come tutte le emozioni, che “portano al di fuori dei confini del nostro io e ci mettono in contatto, in risonanza, con il mondo delle cose e delle persone al di là di ogni confine individuale” (Borgna, 2001): ciò che destabilizza è la sua comparsa improvvisa, quando le persone appaiono troppo impegnate a cercare successo, ad essere produttive, a dimostrare agli altri di essere degni di essere amati.
Ecco che l’ansia e tutte le sue manifestazioni ci indicano che qualcosa non va nella nostra definizione del mondo e di noi stessi. Apre il mondo sulla nostra esistenza e ci mostra ciò che desideriamo profondamente in contrasto con ciò che “dobbiamo” essere e con ciò che si aspettano gli altri da noi: genitori perfetti, figli impeccabili, coniugi ideali, impiegati modello e stacanovisti, persone sempre disponibili e pronte, per cui tutto sembra apparire sotto controllo. Le persone si disperano dinanzi ad una crisi d’ansia poiché non comprendono cosa accade loro e, ovviamente, con la mente razionale non è possibile comprendere. Molti si interrogano su quale sia la causa delle loro crisi d’ansia, cercando una risposta che li possa rassicurare, chiedono agli esperti, medici di famiglia e psicologi, un metodo immediato che possa far scomparire magicamente questa condizione di disorientamento. Purtroppo non c’è un motivo unico e una causa generale che valga per ognuno di noi tale da determinare l’insorgere di un disturbo d’ansia. L’ansia, al contrario, ha, però, una funzione importante: è come se scuotesse la persona e la risvegliasse, costringendola ad affrontare la realtà e la verità di una vita senza maschere, senza pretese, senza scorciatoie, come se spronasse la persona a fare dei cambiamenti profondi dentro sé, perchè forse, in fondo, non sta godendo la vita come vorrebbe e non si sente poi così appagata e soddisfatta come sembra mostrare. Nell’ansia si nascondono tutte le nostre paure più indicibili e i nostri desideri più profondi. L’ansia, nonostante si manifesti in modo così destabilizzante e irruento, ci aiuta a capire quali sono gli ostacoli che impediscono di vivere la nostra vita in modo più libero e autentico, a patto, però, di essere disposti a rinunciare alle proprie zone di “comfort”, alle comodità, alle abitudini, essere disposti ad ammettere e accettare che non tutto è certo, ma le cose possono svolgersi fuori dal nostro controllo: le persone preferiscono, infatti, continuare a cercare l’approvazione e l’accettazione degli altri, facendo l’impossibile per attirare attenzione, per la paura di essere esclusi e di rimanere soli. Nell’ansia si riconosce l’impossibilità per l’uomo di poter tenere sotto controllo ogni cosa. Ciò che insegna l’ansia è che talvolta è bene cercare di liberarsi di tutti quei preconcetti che non aiutano, ma al contrario limitano, accettare e perdonare la propria rabbia, mettere dei limiti alle persone con le loro continue richieste trovando la determinazione di imparare a dire qualche “no”, ascoltare i propri bisogni anche se questi a volte contrastano con quelli degli altri, accettare serenamente di avere dei limiti e per questo talvolta rischiare di deludere le aspettative di chi ci sta accanto, accettare il fatto che siamo esseri umani, con le nostre fragilità e con i nostri errori.
Come se l’ansia ci invitasse a vivere la nostra vita con leggerezza e come scrisse Calvino (1985) “leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. La leggerezza si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso” . E’ come se si potesse trasformare una crisi d’ansia in un segnale di svolta per la propria esistenza, “una cicatrice in un ricamo” (Verlato, Anfossi, 2006). Un disturbo d’ansia può diventare una preziosa e determinante occasione di crescita, cambiamento e rinascita personale. Nella vita il cambiamento è costante, ma: “come viviamo il cambiamento, questo dipende da noi. Possiamo sentirlo come una morte, o possiamo sentirlo come una seconda occasione di vita.
Se apriamo le dita, se allentiamo la presa, e lasciamo che ci trasporti, possiamo sentirlo come adrenalina pura, come se in ogni momento potessimo avere un altra occasione di vita. Come se in ogni momento potessimo nascere ancora una volta”.