Sono ben pochi i giovani di oggi che sanno parlare il dialetto. Qualcuno lo capisce, ma non lo parla perché pensa che appartenga a classi sociali inferiori e si vergogna con gli amici. Invece il dialetto fa parte della cultura e andrebbe appreso anche dai ragazzi. Tra questi, sembra incredibile, c’è anche qualche straniero che lo ha imparato alla perfezione nel corso degli anni. Il primo posto spetta di diritto a Khalid El Moukì che il magentino lo sa e lo parla.
Non qualche parola a caso, ma è in grado di fare un discorso intero. “Soprattutto con gli anziani – afferma – perché i ragazzi non ci pensano neanche ad impararlo. Non serve poi tanto, basta ascoltare la gente ed è come apprendere un’altra lingua”. Del resto Khalid è a Magenta da parecchi anni. Arrivò con lo zio nel mese di aprile del 1997. “Avevo soltanto 11 anni – racconta – dopo un paio di giorni in Italia mi sistemai davanti alla basilica di San Martino e non me ne sono più andato”. E poi scherza: “Ho imparato prima il dialetto e poi l’italiano. Anzi, conosco meglio il dialetto dell’italiano. Perché a Magenta lo parlano in tanti, fa parte della tradizione. Le donne anziane che uscivano dalla chiesa e si fermavano a parlare con me lo facevano solo in dialetto e per me è stato naturale impararlo. Anche adesso scambio battute in dialetto davanti alla ‘gesa’, ovvero alla chiesa. Vedo uno e gli dico ‘tal lì al me amis’, ovvero ‘eccolo lì il mio amico’. Da noi in Marocco c’è il dialetto berbero, oltre all’arabo che si parla nel mio paese. Qua ogni città ha il suo dialetto diverso”.
E continua: “Appena arrivato in Italia vivevamo a Torino, poi a Novara. Arrivavamo a Magenta la mattina e la sera tornavamo a casa. Adesso abito a Pontevecchio. Una frazione dove il dialetto è ancora tanto presente”. Il suo sogno è quello di ottenere la doppia cittadinanza e per questo proprio l’altro giorno ha avviato le pratiche per ottenere quella italiana. Ci vorrà del tempo, ma Khalid ci crede. “Un po’ mi sento magentino anche io, dopo tanti anni”. Dice.