ROMA – Sam Bennett (Bora-Hansgrohe) fa sua l’ultima volata di questo Giro, dopo un circuito, non proprio sicuro, tra le strade di Roma . Froome (Team Sky) è ufficialmente il vincitore della Corsa Rosa. Una trionfo ottenuto soprattutto, se non completamente, sul Colle delle Finestre, causa anche il calo verticale di Simon Yates (Mitchelton-Scott), che, nella tappa di Gualdo Tadino, aveva perso un compagno fondamentale, in chiave tattica, quale è Esteban Chaves. Da sottolineare anche l’organico di un team composto da grandi scalatori, guidati un corridore che sa come conquistare un vittoria su una corsa di tre settimane. Tuttavia, si è dimostrato meno dominante rispetto a quanto sfoggiato nelle vittorie dei quattro Tour de France . Il treno della Sky parla, anche, italiano: tra i fedelissimi del “Kenyano Bianco”, vi è anche Salvatore Puccio, decisivo, proprio, nella tappa di Bardonecchia, che ha visto il britannico tagliare per primo il traguardo, dopo una fuga di 80 km. Una grande organizzazione della squadra di David Brailsford, testimoniata dalla gestione, sempre, della 19esima tappa, con massaggiatori disposti su tutta l’ascesa della Cima Coppi, per rifornire le loro unità con gel e borracce. Secondo posto per il detentore del titolo, Tom Dumoulin (Team Sunweb). L’olandese, dopo essere stato Maglia Rosa nel prologo, grazie alla vittoria a cronometro per le strade di Gerusalemme, non ha mai mostrato la capacità di fare il vuoto, anche su salite adatte alle sue caratteristiche di passista-cronoman (vedi, nella passata edizione, la scalata della salita verso Oropa). Dumoulin ha pagato anche la tensione di riconfermarsi e, forse, il peso di alcune dichiarazioni da lui rilasciate, invitando Froome, accusato di doping, a non prendere parte alla Corsa Rosa. Podio completato da Miguel Angel Lopez (Astana Pro Team), Maglia Bianca (Miglior Giovane) di questo Giro. Il colombiano, silenzioso nella prima settimana, è andato in crescendo durante lo svolgimento della corsa. Futuro prospero e raggiante per lui, com’ è quello di Richard Carapaz (Movistar Team), diretto rivale, proprio, del piccolo scalatore dell’Astana. Storica la sua vittoria dell’ottava tappa, da Praia a Mare a Montevergine, in quanto è stato il primo ciclista ecuadoriano a trionfare in una frazione del Giro d’Italia. Non da dimenticare, però, gli atteggiamenti dei due sudamericani nel “secondo epsiodio” del trittico alpino, dove si rifiutarono di dare il cambio, nel gruppo degli inseguitori di Froome, prima a Pinot (altra vittima della stanchezza e trasportato in ospedale per disidratazione) e, successivamente, alla “Farfalla di Maastricht”. Buona, ma non eccellente, la prova dei nostri porta-bandiera: Elia Viviani (Quick-Step Floors) veste la Maglia Ciclamino, incoronandosi re delle volate, Domenico Pozzovivo (Bahrain-Merida) si piazza quinto, a 8’03” dal vincitore in CG, Davide Formolo è decimo, con un ritardo complessivo di 15’16” dalla Maglia Rosa, mentre Fabio Aru (UAE Emirates) è stato costretto a mettere piede a terra nella terzultima tappa. Il “Cavaliere dei Quattro Mori”, come già detto in passato, è andato fin da subito in difficoltà sulle dure pendenze, forse per un’errata preparazione. Ciò non toglie che il Campione Italiano è un corridore che ha tutte le carte in regola per rivincere un Grande Giro, dopo la Vuelta 2015. Menzione d’onore per le wild card tricolore, Bardiani e Androni-Sidermec: la prima, con Giulio Ciccone, sempre in lotta per la Maglia Azzurra, finita sulle spalle, guarda caso, di Chris Froome. La seconda ha conquistato un piccolo record: maggior numero di chilometri in fuga, che le vale, così, il titolo di squadra più combattiva. Insomma, un Giro che non ha tradito le aspettative, grazie agli intrepreti che ne hanno preso parte. E ora, appuntamento al Tour de France, con uno Squalo più affamato che mai.