Cari amici,
oggi vi presento un’artista iraniana che vive e lavora a Milano. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera dopo aver conseguito una laurea in ingegneria informatica nel suo paese di origine.
Un profilo interessante come emerge dalla breve intervista che mi ha gentilmente rilasciato.
Dal 22/6/2018 le sue opere saranno in mostra al Santeria Social Club di via Ettore Paladini n. 8 a Milano.
Buona lettura.
1. Ciao Zahra, so che sei ingegnere informatico, mi spieghi come s’inserisce l’arte rispetto al percorso di studi che hai effettuato?
Per la mia generazione in Iran, studiare arte non era tra le priorità. La guerra (Iran-Iraq), era appena finita. Il paese non aveva la ricchezza precedente alla rivoluzione islamica, le scuole erano piene fino all’orlo di studenti, era un periodo di forte concorrenza sia per trovare lavoro che per guadagnare. Per gli ingegneri in alcune facoltà, i medici e forse gli avvocati, il lavoro c’era ma per gli altri il futuro era incerto. Studiando arte nel migliore dei casi si poteva diventare insegnanti, era un periodo di diminuzione degli studenti in queste facoltà e le offerte di lavoro per i docenti erano in calo. Le famiglie accettavano che i figli andassero nelle scuole artistiche, solo nel caso in cui non fossero bravi in altre discipline. L’arte non era considerata in maniera professionale e i genitori pensavo che i figli potessero “disegnare” nel tempo libero, per svagarsi e rilassarsi futilmente.
La mia scelta di frequentare istituti artistici è stata ostacolata e ho perciò preso una laurea in ingegneria informatica, ma il cuore e la mia mente erano rivolti all’arte.
Dopo la laurea in ingegneria, ero cresciuta e tutto era più facile. Ho iniziato a frequentare un istituto d’arte moderna di Isfahan, dando priorità allo studio teorico-filosofico dell’arte. Dopo un anno ho superato l’esame per la laurea magistrale e mi sono trasferita a Teheran.
Ho redatto la tesi di laurea in Iran dal titolo “L’incidenza dell’arte persiana e dei paesi vicini nel periodo dal II al XVII sec. d.C.”. Nonostante la ricerca sia andata a buon fine e abbia preso un buon voto, mi sono accorta che la mia passione era orientata verso l’arte contemporanea.
Per continuare gli studi ho scelto l’Italia perché offre la possibilità di studiare da vicino l’arte di lunghe epoche storiche. A Milano posso tranquillamente andare al Castello Sforzesco per vedere “Michelangelo”, o anche visitare le mostre di grandi artisti contemporanei allestite all’Hangar Bicocca o alla Fondazione Prada.
Per quanto riguarda l’arte contemporanea l’Italia è un paese importante, anche grazie alla Biennale di Venezia che rappresenta una vetrina per tanti paesi che vogliono far conoscere la propria cultura artistica. Sono convinta che l’Italia ha ancora tanto da offrirmi, perché oltre ad un importante passato ricopre un importante ruolo anche nell’arte contemporanea. Leggo spesso pubblicazioni di filosofia d’arte italiana, per esempio Agamben, Eco, Ferrari e Galimberti, tutti questi alimentano la mia passione per poter continuare gli studi in lingua italiana.
2. Quali sono gli artisti che ti ispirano maggiormente?
Da tre anni a questa parte ho realizzato dei lavori che hanno come focus la relazione tra l’uomo e gli oggetti. Ho eseguito numerosi autoritratti, prendendo spunto dal racconto di Houshang Golshiri “House of Atheists” che parla della vita degli oggetti.
La stessa serie è stata influenzata anche dal libro “Innocent Museum” di Orhan Pamuk. Tentando di indagare la possibilità che gli oggetti hanno di vedere, riesco anche ad osservare me stessa e il mondo che mi circonda attraverso occhi nuovi, quelli appunto dei numerosi oggetti che ci circondano.
Un altro aspetto che cerco di indagare attraverso la mia pittura è il rapporto delle persone con il cibo, o meglio con l’atto del cibarsi.
Ho notato che le persone malvolentieri si lasciano osservare o fotografare mentre mangiano, come se l’atto del masticare, del cibarsi, sia talmente legato all’istinto animale da dover essere rimosso.
Nel lavoro che sto per esporre al Santeria Social Club ho ritratto diverse persone sia iraniane che italiane mentre mangiano, tra le quali anche una donna incinta. Per me questo lavoro ha una rilevanza anche dal punto di vista del legame tra Iran e Italia, due paesi ai quali sono legata molto.
L’immagine in alto è del fotografo Soroosh Dastmalchian.