“Lunedì sono stati consegnati i primi 45 alloggi agli sfollati di Genova dopo il crollo del ponte Morandi ed entro fine ottobre tutti avranno di nuovo una casa“. È la promessa del governatore ligure Giovanni Toti e del sindaco Marco Bocci ai quasi 600 genovesi rimasti senza casa. Queste le dichiarazioni ufficiali, ma come sempre avviene in certi frangenti, tra il dire e il fare…
Siamo stati contattati da un testimone oculare del crollo, uno degli abitanti della “zona rossa“, il quartiere che si trova sotto al ponte crollato: il signor Marco Alloisio, che è nato e vissuto nella casa di via Porro dove il 14 agosto si trovava. “Ero seduto al pc con la finestra aperta e mentre stavo lavorando ho sentito un botto e uno spostamento d’aria, sono uscito sul balcone e ho visto il ponte prima piegarsi da una parte, poi dall’altra. Sono stato investito da una nuvola di polvere e ho visto i blocchi di cemento del ponte rovinare a terra, sui tetti delle case e sulle strade.”
Il signor Marco ci ha raccontato che per lui, come per altre 600 famiglie abitanti nella zona, in quel momento la vita è cambiata: costretti ad evacuare in fretta e furia la propria abitazione senza il tempo di poter scegliere le poche cose da portarsi via e dirottati momentaneamente chi da amici ( come lui) o in ricoveri di emergenza messi a disposizione dal Comune. Alloisio ricorda: “Il caseggiato e la via Porro furono costruiti nel 1959 e poi dati a riscatto agli operai delle Ferrovie dello Stato che vi abitavano, nel 1963 quando partirono i lavori di costruzione del ponte ci furono diverse proteste dei comitati di quartiere che lamentavano le problematiche per la salute pubblica di tale opera: smog, rumore, mancanza di luce e rischio cadute di materiali vari in caso di incidenti sulle case sottostanti. Inoltre allora le nuove leggi prevedevano che i progetti di costruzione della gronda dovevano tenere nei tracciati ( erano 6 in tutta la vallata) una fascia di sicurezza di 80 metri per parte per erigere costruzioni abitative, ma non si è tenuto conto di quelle già erette. Dopo la beffa, per i proprietari delle case, il danno: mio padre aveva fatto periziare l’abitazione, che è risultata come tutte le altre a valore immobiliare zero.” Continua nel raccomto “Negli anni i lavori di manutenzione hanno fatto un consolidamento del ponte, ma solo nella parte superiore, caricando di tonnelate di acciaio la parte alta e la strada, senza fare nulla alla base della struttura.”
Il signor Alloisio è un artista ed ha un’invalidità al 100%, vive solo dopo le recenti morti del padre e poi della madre: “Io chiedo solo di poter recuperare tutto il materiale della mia attività di artista, di restauratore e di studente ( ha 3 lauree) che mi serve per continuare le mie attività e mantenermi. In quella casa, oltre ai ricordi di una vita vissuta con i miei, ci sono le urne cinerarie dei miei genitori, ed anche circa 300 quadri e 100 sculture, con tutti i materiali pregiati che uso per realizzarli, cataloghi d’arte e libri di studio, un pianoforte e molti progetti e disegni che hanno un grande valore e che non posso a tutt’oggi recuperare.”
Marco Alloisio ha scritto diverse mail al Comune di Genova e alla Curia che, con le parole del cardinal Bagnasco, si è resa disponibile ad aiutare gli sfollati, chiedendo di poter recuperare quanto prima tutti i suoi averi e di poter avere uno spazio per poterli custodire e continuare così la sua attività di artista, restauratore e studioso. Egli chiede di poter avere uno degli spazi liberi all’interno dei musei Palazzo Bianco e Palazzo Rosso o Palazzo Doria-Tursi che, come da lascito testamentario del 1899 della Duchessa di Galliera, precedente proprietaria, sono da destinarsi agli artisti genovesi.