CASTANO -BUSCATE. Ha lasciato questo mondo, alla bella età di 86 anni, Antonio Natale Marchioni. Lo abbiamo scoperto stamattina su un settimanale locale che gli ha dedicato una mezza pagina. Ne aveva scritto Francesco Maria Bienati, il 5 dicembre 2015, proprio sul ‘Corriere’, delineando la figura di questo ‘combattente’ della sinistra storica. Fece parte di quel ‘Collettivo della Riva Sinistra del Ticino’ che negli Anni Sessanta girava per le feste dell’Unità a bordo di una ‘Diane 6’ con la chitarra al collo, felice, nonostante tutto, di far parte della comunità del Castanese. (Successivamente fu uno dei fondatori dell’associazione ‘5 agosto 1991, delle sezioni Avis e Aido, del ‘Pedale Castanese’). Lui però era di origini milanesi. I suoi sfollarono a Castano negli anni della guerra, quando Milano fu pesantemente bombardata dagli Alleati. Per questa ragione, quando pubblicammo i due libri sulla Resistenza nel Castanese, volle dire la sua con due lettere che qui sotto riportiamo e che in parte abbiamo pubblicato nel libro ‘Su quella che fu la Resistenza’ p, 47:
MAIL RICEVUTA il 18 GIUGNO 2012
APPPUNTI SU “FASCISTI, PARTIGIANI, REPUBBLICHINI NEL CASTANESE” – La seconda linea gotica (1943-1945) di Giuseppe Leoni.
Egregio sig. Leoni mi complimento per il bellissimo lavoro da lei fatto, veramente professionale. Per completare, nella sua testa il lavoro, voglio aggiungere alcuna correzioni: (ho abitato a Castano quegli anni e quello che le dico sono cose vissute).
Il Partigiano (l’unico di cui sapevo) si chiamava Cesare Paccagnini e non Carlo. Di lui mi ricordo un manifesto messo dai Tedeschi con una taglia che diceva pressapoco così: si ricerca tale Cesare Paccagnini, un bandito fuori dalla Società, si offre una taglia di:(non mi ricordo). Dopo il XXV aprile Cesare prese il comando del paese con un compare chiamato il Francese, che al suo ritorno in Francia fu impiccato per una vecchia condanna per omicidio. Angelo Paccagnini era un mio amico e in quei giorni del dopo XXV Aprile, andavamo, io e lui, a sparare con un mitra nei campi.
Cesare fu fatto presidente del Circolo, (che era la prima attività del paese) la Sorella ,“Maria Mora”, che si pensava dispensasse i suoi favori ai vecchi Repubblichini, (viveva nel Gatelli, dove era alloggiato il comando del Campo agli ordini del Maggiore Marino Marini.) invece di essere rasata come le altre, passeggiava spudoratamente in piazza Mazzini, con le calze di seta. Non so che fine abbia fatto, in quei giorni passeggiava al braccio del Francese.
Il comando era alloggiato nell’albergo Gatelli e non nei locali dell’Impero che era composto da un solo grande locale lungo con la portina in fondo che dava in cortile dove c’era la latrina, sopra ci abitava Gianni che era il gestore dell’osteria.
I tre fucilati il 26 febbraio ’45 non erano partigiani, io li conoscevo, due erano miei amici, ma facevano parte di una lista fatta da delatori da cui avevano estratto 10 nomi, per la legge tedesca che stabiliva che per ogni tedesco ucciso venivano passati per le armi 10 italiani.
In quei giorni, una sera piovosa di buio era stato ucciso il tedesco che presidiava il paese, una persona anziana che fraternizzava con tutti. Ucciso vigliaccamente con un colpo alla nuca, e si conosceva (voce che girava) anche il nome di chi era stato. L’intervento di Monsignor Ghianda, prevosto di Castano, che si era offerto al posto dei 10 ragazzi, ha salvato 7 di quei ragazzi, colpevoli di niente. Tre no!
A proposito dopo uccisi i tre, gli altri che fine hanno fatto? Sono stati liberati, come penso io, o portati dove?
Mi ricordo del primo carro armato che ho visto con un negro che veniva fuori metà dalla torretta e che quando è sceso era alto due metri, mai avevo visto un uomo alto così, e la scoperta della cicca americana.
Molti a Castano lavoravano alla Todt, andavano al campo, con la carriola e il badile, gli ingaggi erano cosi.E il Pinela che ogni giorno usciva con una carriola nuova con la gomma sulla ruota, e il militare di guardia alzava il sacco per vedere se rubava qualcosa, e invece rubava la carriola.
Lo stormo di stanza nel “Campo della Promessa” era il gruppo “Faggioni” al comando del Capitano Buscaglia. Il gruppo era autore di azioni di grande prestigio, con affondamenti di navi nel porto di Alessandria e Gibilterra, in una di queste azioni il Comandante dello Stormo Cap. Buscaglia fu abbattuto e dichiarato deceduto. Dopo il dovuto periodo di lutto allo stormo fu cambiato il nome: da Gruppo Faggioni in Gruppo Buscaglia.
Il povero Buscaglia fu ripescato vivo e illeso nelle acque di Gibilterra e dopo un periodo di internamento scelse di entrare nella Raf. Per lui volare era tutto.
Il campo della Promessa aveva delle piste che arrivavano fino a dove c’è adesso la Malpensa, e gli aerei venivano nascosti accuratamente in mezzo alle piante e in bella vista degli aerei di legno, per ingannare che venisse a bombardare.
Vennero gli inglesi, al comando del Sottotenente Buscaglia e bombardò gli aerei veri, tirando delle bombe di legno agli aerei di legno.
Nei giorni del XXV aprile il vecchio campo sparì, letteralmente. Lo portarono via mattone per mattone gli infissi, le tegole, i pavimenti, i tubi, i vasi di fiori. Tutto. In 15 giorni non c’era più niente. La chiesa di Bienate è fatta interamente con i mattoni del campo, a quando ci passo rivedo la palazzina del Comando a quattro piani.
Dott. Leoni, il bombardamento di Buscate del 15 agosto 1940 è accennato di sfuggita preceduto da frasi che accennano a bombardamenti alleati. Sarebbe stato più giusto dire che il bombardamento fu opera di un fuoco amico, (aerei di ritorno al Campo che non potendo atterrare con il carico di bombe le sganciarono poco prima) perché gli Inglesi non potevano essere impegnati nella Battaglia di Inghilterra, a difendere il suolo della patria, Gli Americani non erano ancora entrati in guerra (1941).
La Francia era quasi tutta occupata all’infuori di Vichy, peraltro collaborazionista.
Dott. Leoni, io di partigiani nella mia vita ne ha conosciuto solo uno: Cesare Paccagnini.
Le faccio i complimenti per il buonissimo lavoro da lei fatto, il libro si fa leggere molto bene.
A sua disposizione.
Antonio Marchiori
MAIL RICEVUTA il 25 GENNAIO 2013 in cui Marchioni ribadisce alcuni concetti che aveva già illustrato nella lettera precedente
Egregio Dottore, ho acquistato il suo libro “Da borgo a città” che trovo meraviglioso, per me che sono di Castano. Ci sono alcune inesattezze che le voglio dire: il nome del fratello di Giuletu Pacagnin (Angelo Paccagnini) era Cesare e non Carlo. Un vanto per la comunità, un vero Partigiano. Di lui mi ricordo i manifesti sui muri con la taglia messi dai Tedeschi. Alla Liberazione è stato assoluto padrone del paese per tre giorni. Poi è stato fatto Presidente del Circolo di Castano, la maggiore entità commerciale del paese.
Giuletu era un mio amico, era avanti o indietro un anno da me, mi ricordo quando siamo andati alla vigna a sparare con il mitra, avuto da suo fratello.
Nel suo libro prima, quando parla di Castano dice, prendendolo pari pari da un lungo articolo fatto da un abitante di Lonate Pozzolo e apparso su MALPHANSA ITALIA, dice che la direzione amministrativa del gruppo Faggioni era sopra il Bar Impero in via Roma. Il Bar Impero era piazza Mazzini e sopra nelle due camere ci abitava il proprietario del Bar, la direzione amministrativa dello stormo era ospitata nei piani superiori dell’Albergo Ristorante Gatelli, ove risiedeva Marino Marini, che non ho mai visto in divisa.
Per una incredibile storia, che nessuno racconta, il Gruppo Faggioni, prese poi il nome di gruppo Buscaglia, e poi tornò Faggioni.
Tornando al libro appena uscito vorrei farle sapere la mia storia riguardo alla storia dei tre ragazzi fucilati: quella mattina io c’ero al cimitero. Dietro al cimitero, dove sono stati fucilati non c’era nessuno, perché nessuno ci poteva andare. L’unica stradina era bloccata militarmente da una ventina di Tedeschi. Si è sentito sparare poi il camion tornò con il resto dei ragazzi e andò girando per Gallarate. La storia che conosco io è questa: a Castano c’era di stanza un Tedesco, alloggiava in caserma e girava in paese con una bella bicicletta, quando entrava in una osteria o in una bottega toglieva il manubrio e se lo metteva sotto ad una ascella, era un buon uomo sulla cinquantina con i capelli bianchi, alla sua maniera parlava con tutti, sembrava una brava persona. Questa brava persona una sera, buia come tutte le sere di guerra, gli spararono un colpo alla nuca, mi sembra in vicolo tortuoso. Per la legge di occupazione per ogni tedesco 10 italiani, questa era la “ legge”. Allora Mons. Ghianda, Prevosto di Castano, si offrì di prendere il posto dei 10 ragazzi, le trattative andarono per le lunghe fino a quando Mons. Ghianda ottenne di salvarne almeno sette. Questa è la storia che io abitante di Castano ho sentito e vissuto. Aggiungo che mio padre era della GNR assegnato alla caserma di Castano, comandata da un Tenente ma in realtà che comandava era Montagnoli, sergente magg. Noto delinquente. Mio padre allora ci aveva detto che i 10 nomi erano di una lista di delatori, quelli che, magari dopo un bicchiere di troppo si lasciavano andare a fare apprezzamenti non conformi all’ etica fascista. Voglio aggiungere che se Montagnoli era in possesso di una lista (di Partigiani !)così nessuno poteva immaginare cosa poteva fare perché aveva una immaginazione fortemente creativa e prima di uccidere si divertiva parecchio, ma una convocazione in Caserma ai 10 “partigiani” non la toglieva nessuno..
In fede: Marchiori Antonio che abitava in via A. Diaz, 2