Il progetto di legge del senatore Pillon che sarà discusso ad ottobre e che riguarda le separazioni e l’affidamento dei figli delle coppie che si separano, vuole difendere i diritti dei padri separati, ma contiene molte indicazioni controverse e difficilmente realizzabili. Esso prevede espressamente che, dal momento della sua approvazione, per tutte le separazioni, i figli debbano stare metà tempo col papà e metà tempo con la mamma o quantomeno per un tempo non inferiore a dodici pernottamenti al mese. Detto così sembra logico, ma fermo restando che ogni caso è unico e che la decisione spetta sempre al Giudice, questa dev’essere presa pensando soprattutto al bene dei figli. Nel caso del progetto di legge questa indicazione è di difficile applicazione se pensiamo a bambini che hanno pochi mesi o pochi anni, nel momento in cui probabilmente hanno maggior bisogno della presenza materna ( si pensi al periodo dell’allattamento o alla frequenza scolastica e di corsi pomeridiani, quando i genitori abitano lontani ).
La proposta di legge parte da un punto corretto: non sempre si è applicato il principio della bigenitorialità, anche dopo l’intervento della legge sull’affido condiviso n 54 del 2006, questo probabilmente per leggerezza decisionale da parte di magistrati non formati in materia; però i Tribunali, in molti dei quali esistono sezioni specializzate, hanno stilato delle linee guida e applicano dei criteri per cui i figli stanno già ora con entrambi i genitori in maniera più o meno paritetica.
Dal punto di vista economico il disegno di legge Pillon prevede la completa eliminazione dell’assegno di mantenimento di un genitore a favore dell’altro e il venir meno dell’assegnazione della casa. Questo può anche avere senso quando i genitori hanno un reddito identico o quando non ci sono delle situazioni reddituali o patrimoniali in comune tra i due, ma in Italia ci sono ancora molte famiglie monoreddito, con la moglie casalinga senza reddito nè proprietà della casa familiare. Tutto diventa molto complicato nell’ipotesi in cui ci siano delle differenze sostanziali tra il reddito di un genitore e quello dell’altro: in questo caso il figlio sarebbe costretto a vivere in due ambienti separati molto diversi, o quantomeno disomogenei e con uno stile di vita diverso anche dal punto di vista economico. Si è sempre cercato far rimanere il figlio nella casa in cui è nato e cresciuto e costringerlo a trasferirsi per metà della sua vita mensile in un ambiente diverso, vissuto dal bambino come estraneo, per periodi lunghi non va a favore della sua serenità.
La legge come terzo punto prevede poi la cosiddetta mediazione familiare, ma in questo caso è stata fatta una leggera confusione. Nel progetto di Pillon, la mediazione familiare viene equiparata alla mediazione civile, che è tutt’altra cosa, con mediatori che hanno altro tipo di competenze. Il punto è che tutti i mediatori familiari dicono che la mediazione per funzionare deve essere volontaria, ma in questo caso verrebbe attuato un meccanismo che la rende invece obbligatoria. Questo comporterà un notevolissimo aumento dei costi per chi voglia separarsi, perchè prima di poterlo fare sarà obbligato a rivolgersi, a pagamento, ad un centro di mediazione, che sarà un ente privato. Potrebbe accadere che, se un coniuge si opponesse, anche per ragioni economiche, alla mediazione familiare, il Giudice prenda la sua decisione influenzato da tale scelta.
Sembra che la nuova legge voglia favorire i padri separati, alcuni dei quali, negli anni, si sono costitutiti in associazioni perchè lamentano decisioni ingiuste dei giudici nei loro confronti, ma con questa trasformazione radicale e univoca si creerebbe all’opposto una nuova ingiustizia, si mortificano e si annullano completamente le singole storie familiari.
Per non parlare ( ma lo faremo in un futuro articolo) delle coppie con un genitore abusante o violento, dove tutto si complica, perchè devono intervenire anche i Servizi Sociali, il Tribunale dei minori, e il Giudice dovrebbe essere altamente formato per dirimere questo tipo di controversie. La legge Pillon non fa menzione di tali casi, che purtroppo esistono e sono in aumento in Italia.
Nemmeno si tiene conto della cultura, che ancor oggi vige in Italia, della divisione dei compiti all’interno della famiglie tradizionali, tanto esaltate e pubblicizzate negli ultimi tempi a livello politico, in cui i figli sono sempre un carico della madre, in termini di tempo e di educazione, soprattutto quando non sotto l’aspetto economico. Questo è il punto critico del disegno di legge Pillon, che vuole prevedere delle soluzioni identiche e uguali per tutti, quando sappiamo benissimo che ogni famiglia ha la propria storia e ogni bambino, specialmente quando è figlio di genitori separati, deve essere tutelato e protetto per evitare che le conseguenze delle scelte dei propri genitori ricadano su di lui e sulla sua crescita armonica di individuo e di cittadino. Questa legge non va in quella direzione: purtroppo è una legge molto sbilanciata a favore dei genitori e non tiene conto di quello che è il reale interesse dei minori, oltre a presentare evidenti problemi di incostituzionalità.