Riceviamo e Pubblichiamo
Le vicende della cava/discarica di Casorezzo-Busto Garolfo si legano inestricabilmente alla pianificazione strategica provinciale del nuovo Piano Cave 2019-2029 proposto da Città Metropolitana di Milano il 27 luglio scorso. Il 13 settembre si è svolta la seconda conferenza della procedura prevista dalla VAS (Valutazione Ambientale Strategica), obbligatoria per questo tipo di Piani. Noi, insieme al Coordinamento Regionale di Salviamo Il Paesaggio , a 25 altre sigle associative regionali tra le quali la Carovana Antimafia Ovest Milano e a 5 illustri personalità del mondo accademico, della Magistratura e della politica (Paolo Maddalena, Virginio Bettini, Vittorio Ingegnoli, Mario Agostinelli, Emilio Molinari), abbiamo presentato 50 pagine di osservazioni intese a demolire interamente il costrutto teorico e le proposte finali del Piano Cave. Inoltre abbiamo inviato delle osservazioni specifiche relative ai due ambiti estrattivi presenti nel Parco del Roccolo, l’ATEg11 tra Casorezzo e Busto Garolfo e l’ATEg10 tra Casorezzo e Arluno entro il termine previsto del 30 settembre. Non sappiamo se le Amministrazioni comunali interessate e il Parco del Roccolo abbiano fatto altrettanto, ma lo auspichiamo. Rimaniamo in attesa delle dovute risposte da parte di Città Metropolitana di Milano che, sulla base delle osservazioni pervenute, dovrà elaborare la proposta definitiva, che Regione Lombardia avrà l’onere di approvare. Per questo motivo le osservazioni sono state preliminarmente inviate anche al Comune di Milano il cui Sindaco Giuseppe Sala è anche Sindaco Metropolitano, in Regione, all’ANAC, al Ministero dell’Ambiente, ai Parchi regionali e PLIS. Ma cosa prevede questo Piano Cave in generale e nello specifico per l’ATEg11? Alleghiamo le nostre osservazioni, per chi avrà la voglia di leggerle; comunque i dati significativi sono:
1) lo studio del fabbisogno di inerti per il periodo 2019-2029 nel territorio di Città Metropolitana di Milano, firmato dal Dott. Arch. Lorenzo Bellicini, Direttore di CRESME-Roma, giunge alla formulazione di una proposta di Piano di 33.150.000 m3, da soddisfare attraverso gli Ambiti Territoriali Estrattivi individuati. Applicando comuni calcoli edili, con questa volumetria di inerti cavati, Città Metropolitana pensa alla costruzione di ben 743.000 alloggi (immobili) da 100 mq ovvero 82.500 palazzine da 3 piani con 3 appartamenti per piano da 100 mq o 40.000 palazzi da 6 piani con 3 appartamenti per piano da 100 mq, per una superficie di costruzione estesa pari a 74 Kmq da sommare agli attuali 630 Kmq già urbanizzati, portando la percentuale di urbanizzazione del territorio di Città Metropolitana di Milano (1575 Kmq) dal 41% al 45%. Calcolando 3 persone per 100 mq , la proposta del nuovo Piano Cave prevede l’insediamento di 2.230.000 nuovi residenti in Milano e nei Comuni dell’ex provincia nei prossimi 10 anni , con un incremento del 70% rispetto agli attuali 3.200.000 abitanti circa.
Tutto ciò viene ‘venduto’ come una riduzione del 40% del precedente piano cave (tuttora vigente), ma se nel 2002 il Certet-Bocconi sbagliò clamorosamente le previsioni sovrastimando del 53% il fabbisogno di inerti per edilizia e opere pubbliche per gli anni 2006-2016, nel 2018 il CRESME arriva a una sovrastima del 90% del solo fabbisogno per l’edilizia per gli anni 2019-2029. Chiederemo all’Ente pubblico Città Metropolitana di Milano quanto siano costate le consulenze per i due studi. 2) La dichiarata riduzione del 30% delle superfici complessive degli ATE viene operata mediante lo stralcio di aree già valutate ‘inutili’ per l’attività estrattiva dalle Aziende titolari delle cave o che presentano criticità gravose per le aziende stesse e per Città Metropolitana (ripristini, oneri, controversie con i territori), mentre vengono ampliate le superfici ‘utili’: per 11 ATE si prevede un ampliamento di superficie, in 3 casi un approfondimento; la superficie delle aree propriamente destinate all’estrazione di terre viene in realtà aumentata del 15% rispetto al precedente Piano cave. La localizzazione dei siti estrattivi nelle aree protette (praticamente tutti gli ATE sono collocati in aree protette) viene giustificata dalla necessità di ‘mitigare’ a basso costo gli impatti ambientali delle attività connesse alle costruzioni, senza valutare che questa ‘mitigazione naturale’ distrugge ampi appezzamenti agricoli e aree di pregio naturalistico. Non viene specificato il destino delle 5 cave di recupero eliminate (superficie totale 157,3 ha) per le quali non è stato mai presentato un progetto di recupero, né per i 7 ATE eliminati (superficie totale 179,3 ha) con parti già coltivate, ma non ripristinate. Così come non viene affrontato il grave e annoso problema delle oltre 300 cave cessate e mai ripristinate, molte di queste coltivate in falda.
3) Se il Piano Cave vigente elargiva quasi 60 milioni di metri cubi di suolo e sottosuolo distribuito in oltre 17 kilometri quadrati di territorio milanese, prevedendo di sostenere una bolla immobiliare che ha determinato una cementificazione selvaggia e soldi facili dalle banche per pochissimi operatori, il nuovo Piano proposto non si discosta da questa ottica regalando almeno 27 milioni di metri cubi di terre in eccesso rispetto alle previsioni edilizie e 8,5 kilometri quadrati di territorio. Con questa operazione, l’Istituzione che dovrebbe primariamente tutelare beni comuni quali il suolo, l’aria, l’acqua, la salute, il lavoro e la qualità di vita dei propri cittadini, di fatto tutela solo gli interessi economici di una imprenditoria corsara predatrice di questi beni comuni, imponendo scelte in larga parte difformi dal volere e dai bisogni reali dei territori. Parallelamente non vengono contrastati fattivamente i profili di rischio connessi all’attività estrattiva, settore a elevata impronta speculativa che può essere oggetto d’interesse da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Con gli stessi principi vengono ‘ridisegnate’ sia l’ATEg11 che l’ATEg10.
L’ambito estrattivo ATEg11 è in realtà un pezzo di territorio a nord-ovest di Milano, completamente all’interno del PLIS Parco del Roccolo e nel corridoio ecologico primario tra il Parco del Ticino e il Parco delle Groane, da decenni trasformato in discarica per rifiuti di ogni genere; attualmente nell’area è in fase di chiusura una discarica da 300.000m3 circa con seri problemi procedurali e gestionali sempre elusi da Città Metropolitana, che ha creato gravi disagi alle popolazioni residenti da almeno vent’anni; nel 2017 è stata autorizzata una nuova discarica da 400.000m3 circa per rifiuti speciali (150 CER) in totale difformità rispetto al PPI Parco del Roccolo, in una fossa lasciata da escavazioni risalenti agli anni “90 dello scorso secolo e quindi considerabile una cava cessata.