Riceviamo e pubblichiamo
Leggiamo con stupore e grande dispiacere le ultime dichiarazioni pubbliche del vice sindaco di Magenta.
Solo ora il vice sindaco si accorge del caso della povera Asia Bibi e, ancora una volta, approfitta di questa dolorosa vicenda per polemizzare con la minoranza religiosa musulmana residente a Magenta accusandola di indifferenza e ostilità verso Asia Bibi e la religione cristiana in generale.
Purtroppo per lui però già da almeno quattro mesi la comunità musulmana di Magenta ha diffuso un lungo e argomentato comunicato con il quale non solo solidalizzava con Asia Bibi ma anche esprimeva il riconoscimento del grande valore della religione cristiana , del suo Profeta Gesù , profeta riconosciuto e amato anche dai musulmani come sa chiunque abbia letto il Corano.
Il vice sindaco però polemizza e accusa senza leggere e senza conoscere , al solo fine di demonizzare persone che vivono a Magenta colpevoli solo di essere musulmane.
Ad uso del vice Sindaco nuovamente diffondiamo la nostra dichiarazione già diffusa ben quattro mesi fa nella speranza che il vice sindaco cessi la sua faziosa ostilità verso parte della comunità di Magenta e che le nostre parole chiare e senza ambiguità lo inducano ad un vero e onesto rispetto verso le minoranze religiose e verso le persone che praticano un culto diverso dal suo.
Abbiamo bisogno di costruire una società tollerante e rispettosa e uniti dobbiamo contrastare chi perseguita e discrimina ovunque nel mondo in nome della religione.
Per dovere di cronaca pubblichiamo le dichiarazioni di Simone Gelli, fatte sulla sua pagina Facebook:
Volutamente, sino ad oggi, mi sono astenuto dal parlare o dallo scrivere di Asia Bibi, la donna, madre, Pakistana e cristiana, che dal 2009, per una assurda vicenda giudiziaria, passa la sua vita in carcere perchè accusata da due donne di fede islamica, di BLASFEMIA. Tutto, secondo le cronache, inizia nel 2009, quando due donne di fede islamica, dopo una giornata di lavoro, insieme a Bibi, la denuciano ad un Imam per Blasfemia. Le due donne, si legge in diversi articoli di stampa, senza mai portare a sostegno una prova, coinvolgono tale Imam che, una volta ascoltate, aiuta le stesse a denunziare alla locale autorità giudiziaria l’accaduto. Dopo quasi dieci anni di processo, non essendoci prove rispetto al reato contestato ad Asia, un tribunale decide per l’assoluzione della donna. E qui il Pakistan si ferma. Dimostrazioni, cortei, manifestazioni, proteste. La sentenza di un tribunale viene quindi bloccata da un accorto tra governo ed estremisti. L’avvocato della donna, Ghulam Mustafa, è costretto a lasciare il paese, in quanto minacciato ripetutamente di morte, mentre il governo non solo non rimette Asia in libertà ma vieta pure alla donna l’espatrio. Durante le manifestazioni degli islamici, uno degli striscioni reca la scritta, “Hang Asia”. Hang, significa IMPICCARE!. IL marito di Asia è costretto a chiedere aiuto a Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, a Theresa May Primo Ministro Inglese ed al Premier canadese Trudeau, al fine di ottenere asilo politico, per lui e per la sua famiglia. Una storia paradossale, nella quale, essere cristiani, significa poter essere accusati di un reato tanto pesante da prevedere la pena capitale, significa potere essere incarcerati per nove lunghi anni, essere condannati a morte e dopo essere assolti, non poter uscire dal paese e quindi dover attendere la tanto agognata libertà. Una brutta vicenda! Quel che mi stupisce in questi giorni è che, di fronte a questi tragici fatti, nessuno della comunità islamica di Magenta, tanto attenta alla tolleranza ed ai diritti e doveri in Italia, non abbia sentito il dovere di rilasciare una dichiarazione ufficiale su uno dei nostri settimanali locali o su uno dei nostri blog, per condannare questi fatti che di mostrano quanto sia difficile essere cristiano in quelle terre. Altro che immagini di chiese senza croci e video rassicuranti sulla vita di tutti coloro i quali desiderano professare una fede diversa da quella islamica. Oggi sei cristiano? Puoi Morire impiccato! Questa è la cruda verità che il caso di Asia Bibi propone ad ognuno di noi ancora oggi.