TURBIGO – Garavaglia è un cognome che segna un territorio, quello della riva sinistra del Ticino e, il nostro Angelo, è rimasto qui, in paese, pur avendo lavorato per decenni alla ‘Gazzetta’ (raggiungendo la redazione quotidianamente con il treno delle Nord) che, dopo decenni del suo pensionamento, l’ha ricordato oggi 18 gennaio, giorno del suo 87° compleanno, con un colonnino.
Inoltre, l’altro giorno, dopo la pubblicazione sul ‘Corriere Altomilanese.com’ della nostra nota, nella quale lo indicavamo come ‘il primo giornalista turbighese’, avevamo ricevuto una telefonata da Mario Balestrazzi – un suo collega in pensione – che ci ha ricordato le qualità dell’uomo che l’aveva ‘cresciuto’, dal punto di vista professionale, con una maestria e una umiltà indimenticabili. Angelo non era il primo arrivato alla ‘Gazzetta’: era il Caposervizio del Calcio, ma non l’ha mai dato a vedere. Non si era sposato, ma la sua stirpe continua in paese e alcuni, che non sapevano chi fosse, e non conoscevano i suoi trascorsi giornalistici, ci hanno chiesto di pubblicarne la foto. E noi siamo andati a scattarla al cimitero.
Ecco come ‘a. Cer.’ sulla ‘Gazzetta’ di oggi ha ricordato il lutto:
“Oggi avrebbe compiuto 87 anni e come al solito avrebbe ricevuto le telefonate di chi non lo aveva dimenticato, perché era impossibile dimenticare Garavaglia, come era impossibile chiamarlo con il suo vero nome, Angelo. Per tutti era il ‘Gara’ o ‘Garù’, non soltanto il capo servizio del calcio, ma un autentico regista della ‘Gazzetta’ dagli anni Sessanta fino al 1986, capace di dirigere in redazione e in tipografia.
Nell’era del piombo, il suo primo obiettivo era rispettare gli orari per chiudere in tempo “altrimenti non si va in edicola”. E se c’era da tagliare il commento di un grande inviato, al grido di “taglia nanone”, incoraggiava i più giovani, che ha aiutato a crescere con il suo rigore e la sua ironia.
Esempio di umiltà e altruismo, che non ha mai voluto apparire con la sua firma sul giornale, come non ha mai voluto farsi vedere fuori. Così era più facile incontrarlo alla Scala che nella sua Turbigo, dove se ne è andato come voleva, isolato da tutti, ma ricordato da tutti”.