TURBIGO-MAGENTA – Ricordo che a San Biagio mia madre mi mandava nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano di Turbigo con del pane, affinché fosse benedetto. Mi diceva che era un’usanza antichissima ed aveva lo scopo di salvaguardare la gola dalle malattie. Non ho tramandato questa usanza alle mie figlie, per cui i miei nipoti non sanno nulla del ‘protettore della gola’. Cinquant’anni fa, era ancora diffusa e la ricorrenza compariva ancora sui bollettini parrocchiali, oggi mi è stata ricordata da una trasmissione culinaria. Ricordo ancora che a Magenta – dove ho lavorato per un ventennio – si festeggiava la ricorrenza con una grande fiera. I magentini, al mattino presto, entravano in chiesa, assistevano alla funzione religiosa, baciavano la reliquia di San Biagio e con il pane benedetto on mano uscivano sul sagrato della chiesa dove erano acquartierati i venditori di castagne infilate (firuni). Ne compravano due o tre file e se li mettevano al collo e tornavano a casa a piedi felici e contenti.
Invece, a Milano nel giorno del vescovo armeno, si mangiava l’ultimo pezzo di panettone tenuto in serbo dal Natale e ciò significava anche che si era fatto ‘sacrificio di gola’. ‘El dì de San Bias se benedis la gola e el nas”, dicevano un tempo i milanesi.
FOTO. Magenta, una foto storica della fiera di San Biagio