LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ANGELO PARATICO A VERONA A 500 ANNI DALLA MORTE
“Oggi è il giorno 2 del mese di maggio 2019 e ci troviamo a parlare di Leonardo da Vinci – per onorarlo – esattamente, a 500 anni dalla sua morte, avvenuta il 2 Maggio 1519, in terra di Francia. Il racconto di questo libro – editato da Ging-ko Edizioni – che ha già suscitato vasta eco nel mondo, inizia proponendo due temi, per certi versi sconcertanti o, quantomeno, inusuali, poco conosciuti, o comunque fuori dagli schemi. L’autore, Angelo Paratico, qui presente, annuncia questi due temi già nel titolo, Leonardo Da Vinci lo psicotico figlio di una schiava. Ovvero, un Leonardo psicopatico, scontroso, narcisista, la cui mente fu plasmata dalle proprie sventure infantili: da un padre “canaglia” e da una madre di origine cinese, schiava di una famiglia benestante fiorentina, e considerato, all’epoca dei fatti, riluttante di parlarci del suo imbarazzante retaggio familiare. Angelo Paratico, nella documentatissima esposizione della sua teoria, sull’origine orientale della madre di Leonardo, ci fa salire idealment sulla macchina volante del genio toscano, per farci abbracciare a volo d’uccello, tutte quelle situazioni, narrate in quattordici capitoli, che sostengono il suo pensiero e che non sarebbe del tutto convincente, senza una visione totale della sua ricerca, che ci porta, documentando gli eventi di quegli anni, a comprendere il Leonardo, figlio psicotico di una schiava orientale. Devo dire che ogni capitolo meriterebbe una conferenza ad esso dedicata, con selezionati esperti degli argomenti trattati. Già il titolo appare sorprendente, dove l’inconscio deve trovare una logica, nell’accostare le vette immense del genio, con l’immagine impersonale di una schiava, relegata alle attività più umili e dissacranti, che una donna possa affrontare in una società, e che, come ha scritto il giornale “Pravda”, ha provocato una tempesta mediatica di commenti, in tutto il mondo. Una schiava però, che trova la sua rivincita per aver dato la vita al genio universale per eccellenza: quel Leonardo, figlio del notaio, Ser Piero da Vinci, che non si era fatto remore di ingravidare durante una visita nella casa fiorentina di un suo facoltoso cliente, Caterina, una giovane e bella ragazza orientale – schiava regolarmente acquistata secondo le leggi dei quel tempo- al servizio domestico di certo Ser Vanni di Firenze. Queste situazioni così drammatiche, che queste sventurate erano costrette a subire, Paratico, le illustra con dovizia di particolari storicamente documentati. Nell’ottobre del 1451 Ser Vanni muore. La vedova Agnola, cede la schiava Caterina ancora incinta a ser Pietro, il quale la trasferisce nella sua casa di campagna a Vinci. Sei mesi dopo, il 15 aprile del 1452, nasce nella stessa residenza il piccolo Leonardo figlio di ser Pietro Da Vinci e di Caterina, la giovane e bella schiava di origine cinese. Secondo l’autore, Caterina fu allontanata da Firenze in quanto schiava, trovando così dimora per la prima volta nel ridente paese collinare toscano di Vinci. Una attestazione sulla quale si è soffermato, tra gli altri, il quotidiano spagnolo ‘El mundo’, che ha dato molto risalto alla inedita teoria sostenuta dall’autore. Nel libro, troviamo un’ampia documentazione sulla schiavitù e quali atroci pene potessero subire chi violava le leggi. Da queste narrazioni si percepisce che la porta d’ingresso di questi migranti mercificati era Venezia, ovvero “La porta d’Oriente” che si collegava attraverso un filo non solo ideale, ma con un filo fatto di commerci leciti e illeciti di ogni genere tra i quali una fiorente importazione legalizzata di schiavi, con la “Porta d’Occidente” a Bombay, allacciando culture estremamente diverse e religiosamente conflittuali. Quindi, moltissime schiave accasate nelle regioni della penisola centro settentrionale, erano sbarcate a Venezia. Forse, per capire meglio questo fenomeno culturale Leonardo stesso soggiornò nei primi mesi del ‘500 a Venezia, accompagnato almeno in un viaggio dal matematico Luca Pacioli, per studiare il progetto di alcune fortificazioni a difesa della città lagunare da eventuali attacchi dei Turchi. Con l’insegnamento del Pacioli – conosciuto a Milano quando aveva 40 anni alle dipendenze di Ludovico il Moro – Leonardo apprese la vera natura della matematica intergrandola con quella filosofica dei pitagorici. Non risulta che Leonardo avesse conoscenze di algebra, mentre ne aveva molte di geometria, ingegneria, anatomia, architettura, meccanica, idraulica, e… non serve sottolineare la pittura…, che lo ha reso famoso nel mondo! Bisogna dire che lo studio della matematica era difficoltoso perché, allora, c’erano due scuol, in conflitto tra loro: gli abacisti, sostenuti dalla scuola Occidentale… e gli algoristi, di scuola Orientale, che avevano introdotto lo zero, rendendo veloci le operazioni di calcolo, ferocemente avversati, dalla chiesa di Roma. Leonardo, pensando a sua madre e stimolato dalla curiosità di conoscere le origini che il mito d’Oriente esercitava specialmente sui veneziani, ma anche alla corte scaligera. Ricordo che Cangrande Della Scala fu sepolto nella sua arca, poco più di un secolo prima dalla nascita di Leonardo, avvolto da drappi orientali, vestito di broccati e sete cinesi, importate dai veneziani, attraverso la Via della Seta. Leonardo – probabilmente, sedotto dalle favolose storie che si narravano, pensiamo a Marco Polo – per avere maggiori informazioni dal vivo su quelle misteriose civiltà, si avvalse dell’amicizia condivisa con il famoso viaggiatore fiorentino Benedetto Dei, consulente del Sultano di Istambul, e profondo conoscitore di quelle antiche culture. Ma, la mia attenzione e curiosità si è soffermata su quanto sviluppato nel capitolo IX, ovvero il Leonardo vegetariano. Un capitolo apparentemente leggero, ma profondamente ricco di spunti e indizi rivelatori. Emerge in questo capitolo, uno stile di vita in Leonardo, conseguito dalle sue convinzioni filosofiche, vicine agli insegnamenti di Zoroastro, vissuto dieci secoli prima di Cristo, e sostenitore dei più recenti precetti pitagorici alimentari strettamente vegetariani. In Occidente le origini del Vegetarianismo vanno ricercate nella nascita dei primi movimenti religiosi, sviluppatisi intorno al VI secolo a. C. ed è principalmente la cultura greca ad abbracciare la scelta vegetariana, che vedrà in quel secolo affermarsi la figura di Pitagora e della sua scuola. Pitagora si asteneva dal mangiare la carne, ci ricorda l’Autore, perché considerava un reato, l’uccisione degli animali e, quindi, la macellazione degli stessi, per uso alimentare. In questo capitolo, Paratico, traccia segnali di come Leonardo ricalcò alcune regole generali per alimentarsi, a mio avviso, secondo il mito Medio-Orientale dell’età dell’oro, segno che la dietetica nel Rinascimento era – tra virgolette – una “scienza moderna”, che stava muovendo i primi passi, mettendo lentamente in discussione la teoria umorale di Ippocrate e Galeno – comunque esauritasi soltanto a fine ‘600- nel rapporto medicina-alimentazione con i quattro elementi fondanti Terra, Aria, Acqua e Fuoco. A questo proposito, l’Autore riporta nel libro una citazione di Leonardo, tratta dal Codice Atlantico e che semplifico e riduco in due righe: “Se vuoi star sano, osserva questa norma: non mangiare senza voglia e cena lieve, mastica bene… e quel, che in te ricevi, sia ben cotto e di semplice forma… E conclude: “El capo ti posa e tien la mente lieta… Fuggi la lussuria e attieniti alla dieta”. Però, io voglio solo accennare ai contenuti del libro su Leonardo, soprattutto per non togliere al Lettore il piacere della lettura, che è veramente affascinante e documentata, ma dirvi qualcosa che aiuti invece a calarsi in quegli anni e a comprendere meglio il percorso del libro. Questo capitolo su Leonardo vegetariano è molto curioso, ma fortemente indicativo. Si inserisce negli anni giovanili di Leonardo, anni di grande conflittualità con il padre, dove praticamente non si conosce nulla fino a un aneddoto riportato da un documento conservato a Mosca (oggetto di un mio articolo sul giornale L’Arena apparso nel luglio del 2012). Narra che Leonardo garzone di bottega del Verrocchio a 18 anni (1470), per guadagnare qualche spicciolo in più rilevò con Sandro Botticelli la trattoria “Tre lumache” vicino a Ponte Vecchio di Firenze, dove i cuochi di questo locale morirono misteriosamente avvelenati. I due futuri geni cambiarono nome alla trattoria ribattezzandola “Le tre rane”. Leonardo, fedele ai suoi princìpi, cambiò completamente stile di cucina e iniziò a servire piatti vegetariani, come piadine di forma circolare, impastate con acqua piovana e farina, guarnite di foglie di basilico disposte con perfezione geometrica e armonica secondo i dettami filosofici dei pitagorici. Perché dico questo? Perché il disegno di questo piatto lo troviamo nel Codice Atlantico le quali geometrie sottintendono una antica formula. E’ straordinario che questo disegno racchiuso in un cerchio, oggi chiamato “il fiore della vita”, compare inciso nel tempio di Seti I ad Abydos, risalente al 1290 a.C.. Pitagora è stato iniziato dai sacerdoti, in Egitto, nel VI secolo a.C., apprendendo e sviluppando le geometrie sacre di quella straordinaria cultura fiorita al tempo dei Faraoni, legata al culto di Osiride e divulgata prima in Grecia poi a Crotone. Ancora oggi, non sappiamo come Leonardo sia venuto a conoscenza di quel disegno riportato nel Codice Atlantico, ma Angelo Paratico, spulciando nel suo libro ci indica alcune tracce da seguire che inducono a svelare la vicenda leonardesca ma, nello stesso tempo, fornisce la possibilità di ampliare il suo studio ponendo le sue deduzioni simili ai tasselli di un grande mosaico, che offre alla nostra attenzione per comporre tutto l’assieme. Per la civiltà della tavola di quel tempo, emerge il carattere psicotico di Leonardo. Nella sua trattoria si era proposto come un vero precursore della cucina minimalista, vegetariana e di spessore culturale. Ma non aveva fatto conto con gli avventori, abituati a robusti piatti di carne speziata al sugo, animali da cortile arrostiti, ossa di maiale da spolpare, accompagnati da abbondanti fette di polenta di farro e grano. I frequentatori non la presero bene, tanto che reagirono in maniera così violenta da costringere Leonardo… dopo qualche giorno.. a scappare, e a tornare nella bottega del Verrocchio dove dipinse il suo primo angioletto… opera che lo convinse a chiudere definitivamente la strada del trattore, anche se continuò ad inventare marchingegni da cucina. Come, ad esempio, tagliare un uovo, in tre parti uguali, un meccanismo, per scacciare le rane dalle botti di acqua potabile, e altre amenità. Ma, soprattutto, inventò una mastodontica macchina, per trasformare la pasta delle lasagne in “spagh”, ovvero, gli “spaghett”i. E questo è un altro segn, che riconduce alla teoria di Paratico. Già allora, si attribuiva a Marco Polo, ma anche agli Arabi, l’introduzione in Occidente degli spaghetti testimoni dell’alimentazione legata alla filosofia religiosa orientale. Un ulteriore indizio, a sostegno delle argomentazioni di Angelo Paratico, che fanno intendere che a Leonardo – -figlio della schiava cinese, Caterina – non era estraneo un comportamento ispirato, nell’intimo rivolto alla cultura orientale e, all’epoca, quelle convinzioni erano improponibili dall’essere rivelate per non incorrere nelle spire atroci dell’Inquisizione. Cito sol, per curiosità, visto che l’autore ha soggiornato per 30 anni in Cina, sia per gli orientalisti, sia per gli appassionati di storia degli spaghetti nostrani, da recenti studi, sappiamo che è stato trovato, a nord ovest della Cina, in uno scavo archeologico, nella cittadina di Laja, un piatto con spaghett,i risalente a 4000 anni, testimone di un pranzo, bruscamente interrotto, da un rovinoso terremoto, che lo ha sepolto, capovolto, sotto tre metri di terra. Fatto, che certifica, una volta per tutte, che gli spaghetti sono nati in Cina! Per concludere, recenti studi hanno dimostrato, come Leonardo, nel tracciare la composizione di alcune sue opere, si fosse avvalso di una formula pitagorica, per rendere proporzionato e armonico il suo dipinto. In precedenza, troviamo in Giotto, il primo artista architetto-pittore occidentale, ad avvalersi di questo dettato pitagorico di origine orientale – un vero linguaggio filosofico religioso – come appare evidente, nel Giudizio Universale agli Scrovegni e, a mio parere, ad esempio, su mie ricerche, sui rapporti geometrici sottointesi, nei dipinti dell’Annunciazione degli Uffizi e della Gioconda. Paratico, nella sua appassionata ricerca, dedica un capitolo, in cui individua tratti orientali nelle opere di Leonardo, come nel disegno degli occhi, nell’appena citata Madonna dell’Annunciazione, fino ad arrivare a Ginevra de Benci…. E alla Gioconda. Ma questo lo scoprirete meglio, leggendo il capitolo IV, dove si parla di Caterina Buti. Ma, Leonardo ha guardato alle scienze, che avanzavano velate dall’Oriente come la filosofia intesa quale “amore per la sapienza”. Leggendo con tanto interesse il libro di Angelo Paratico, avanzerei l’idea che Leonardo abbia impiegato il dettato scientifico dei neoplatonici, per rendere perfetto l’ordito dei suoi dipinti, per elevare il pensiero più intimo della sua anima, rivolto ad Oriente, dove una giovane donna, guidata dal destino, è arrivata dalla Cina, per dare i natali al più grande genio dell’umanità”. Un quadro completo dell’opera in tema, il quale, se, ne fa conoscere i grandi contenuti, importanti e sostanziosi, è abbondantemente ampliato a riferimenti, a considerazioni ed a opinioni, non solo interessanti, ma, tali da essere base di partenza, per ulteriori approfondimenti, sulla straordinaria e, in qualche modo, misteriosa vita del grande Leonardo da Vinci.
Pierantonio Braggio
Alberto Zucchetta
Maestro d’Arte, studioso appassionato di storia e simbologia medievale. Giornalista pubblicista. Autore di numerosi saggi sull’arte medievale, fondamentale il suo libro “Il segreto della O di Giotto” pubblicato dall’Accademia di Agricoltura scienze e lettere di Verona, presentato da Renzo Chiarelli; ha scritto e tenuto numerose conferenze sui gioielli scaligeri del sec. XIV ; sul “Linguaggio sottile nella Commedia di Dante” ; su Giotto; è stato collaboratore del giornale L’Arena per la pagina della Cultura, titolare di alcune rubriche; ma sue notizie più approfondite le potete trovarle nel corposo volume “Quest’arte così difficile…” curato dallo storico dell’arte Lionello Puppi, che racconta assieme ad altri autori, i primi quarant’anni di vita veronese , tra attività e studio, di Alberto Zucchetta.
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Angelo Paratico
Si può introdurre accennando al fatto che ho lavorato per oltre 35 in Estremo Oriente, come residente a Hong Kong. Avevo pubblicato questo libro di Leonardo in lingua inglese nel 2015, che poi fu tradotto e pubblicato dalla Gingko di Bologna nel 2017.
In passato avevo pubblicato altri libri e articoli, in inglese e italiano, il particolare il romanzo storico “Ben” nel 2010 con la Mursia di Milano; 5 Secoli di Italiani a Hong Kong e Macao, con una presentazione del Presidente Giorgio Napolitano, nel 2013; “The Dew of Heaven” con la Cactus Moon di Tempe, Arizona, nel 2016.
Contribuisco regolarmente al blog di Dino Messina sul Corriere della Sera intitolato “La Nostra Storia”.
Rientrato in Italia nel 2018, appresi che la Gingko chiudeva. Mi offrii di acquistarla dal proprietario e l’ho mossa a Verona, in un anno di attività veronese abbiamo pubblicato già una decina di nuovi titoli, fra i quali “L’Economia Spiegata Facile” di Costantino Rover e “Cangrande, Dante e il Ruolo delle Stelle” dello storico veronese Maurizio Brunelli.
Questa sera parlerò per 20 minuti degli ultimi giorni di Leonardo Da Vinci ad Amboise, un argomento che di solito non vien toccato.