Domenica 28 luglio 2019, l’architetto Laura Mira Bonomi, ha inaugurato l’iscrizione-dedicatoria del ‘Cristo in Croce’(1953), opera del nonno, l’artista Carlo Bonomi da Turbigo, un Maestro del Novecento italiano.
La vicenda che ha portato all’inaugurazione è curiosa e merita di essere raccontata, mentre l’intervento della nipote dell’artista – che riportiamo – va letto con la dovuta attenzione verso un uomo-artista, vanto del paese che gli ha dato i natali e ne ha riconosciuto la grandezza, dedicandogli anche una piazza del paese.
Successe che, casualmente, passando accanto al ‘Cristo in Croce’ del Santuario di Re – ricollocato, ma sempre in posizione dominante la Valle – una ‘persona’ si rese conto dell’assenza dell’iscrizione originaria. Non ci pensò due volte e, presa una placchetta di ottone, graffiò tre parole con un punteruolo: ‘Carlo Bonomi, turbighese’.
Un gesto che – una volta scoperto – ha commosso la nipote dell’artista, che ne ha parlato con alcuni esponenti FAI (Fondo Ambiente Italiano) in occasione delle Giornate di Primavera. Da lì, grazie al contributo di questo gruppo di amici e con il benestare e gli indirizzi dell’attuale Rettore del Santuario, Don Gian Carlo Julita, è partito l’intento che ha portato domenica scorsa – in una chiesa gremita all’inverosimile per la Messa domenicale- all’inaugurazione della nuova iscrizione-dedicatoria del ‘Cristo in Croce’ di Carlo Bonomi che domina la Val Vigezzo.
Di seguito, l’intervento integrale dell’architetto Laura Mira Bonomi, che onora la memoria del nonno :
“Il ceppo che arde e l’acqua che cade, son segni di vita”. Così mio nonno, l’artista
Carlo BONOMI da Turbigo accoglieva nella prima metà del secolo scorso gli amici ed i visitatori alla Selvaggia di Turbigo, residenza-eremo da lui costruita sulle pendici del primo terrazzamento lombardo della Valle del Ticino.
E son segni di vita, di esistenza, di fede queste ore importanti, che oggi abbiamo appena dedicato al raccoglimento, alla preghiera ed ora dedichiamo al ricordo, alla memoria di un artista, Maestro del ‘900 italiano e del suo, in questo caso, mecenate, ma soprattutto estimatore ed amico fraterno, l’Arcivescovo Gilla Vincenzo Gremigni, sepolto in questo Santuario, meta di numerosi pellegrinaggi.
Correva l’anno 1953 quando l’allora Vescovo di Novara curò quest’opera, una delle opere scultoree più rappresentative del Maestro, creata nel pieno della sua maturità artistica e ne scelse personalmente il luogo dove porla, che non è più però quello di allora, ma quello in cui oggi ci troviamo.
Sopravvenute esigenze urbanistiche hanno fatto in modo che il ‘Cristo in croce’ di Bonomi fosse spostato qui, e solo la sensibilità e il pragmatismo dell’attuale Rettore del Santuario Padre Gian Carlo Julita, hanno fatto sì che qui, innanzi proprio al ‘Cristo in Croc’ di Bonomi, si creasse un altro importante luogo di culto, all’aperto, en plein air, con l’altare in pietra,
circondato da un bel giardino fiorito.
Nel 1956 l’opera fu inaugurata e a tale evento hanno fatto seguito numerose interviste, fra le tante ricordo la più celebre quella con Radio Vaticana, e poi numerosi articoli e riproduzioni fotografiche del Crocifisso bronzeo, frutto maturo di una serie di trasformazioni nello stile di Carlo Bonomi : un po’ alla volta lo scultore infatti semplificò le forme, le espressioni facciali, attenuò il goticismo delle fisionomie, tanto da attribuire al Cristo un viso sereno,
pur nel contesto drammatico della crocefissione.
Anche il modo di modellare le membra del corpo cambiò, e Bonomi si avviò verso un
geometrismo di forme ed essenzialità di linee, nella scia del giottismo e del
neoprimitivismo dell’amico Carlo Carrà con il quale aveva condiviso lo studio a Milano.
Come ha ricordato recentemente il critico d’arte Vittorio Sgarbi, che definitivamente
lo ha consacrato fra i grandi del nostro Novecento, Bonomi “…scolpisce il dolore
tra essenza ed esistenza, non fu mai tragico, non fu antiretorico, per nulla
‘populista’. Raffigurò sempre la sofferenza dell’essere umano, e nei suoi lavori si
sentiva vicino ai ‘caduti’ che fossero il Cristo, un soldato, un minore ferito…la sua
integrità formale è pressoché unica. Essa trova il perfetto equilibrio tra pittura e
scultura, con la stessa continuità ideale che aveva affermato Michelangelo”.
E questo perché Bonomi aveva vissuto dal vivo, aveva toccato con mano, il dramma
il dolore della prima grande guerra mondiale quella del ‘15-‘18, partendo come
soldato semplice al fianco di migliaia di volontari.
Lui che aveva frequentato l’Accademia di Brera tra il 1898 e il 1904 ed in seguito
quella di Monaco fra il 1905 e il 1907, e che si era dedicato nella prima parte della
sua vita alla pittura sotto l’influenza del simbolismo di Segantini e di Pellizza da
Volpedo, trova la massima espressione della rivolta contro la violenza ed i massacri
in scultura, divenendo un scultore ‘assoluto’.
Ecco perché ringrazio tutti di essere intervenuti oggi qui per inaugurare le parole in
bronzo a caratteri lapidari, poste ai piedi del Cristo : un’iscrizione doverosa,
all’altezza dell’opera soprastante, nata, dopo anni di triste silenzio per la mancanza
della targa dell’epoca, da un rinnovato gesto d’amore per l’arte, la Cultura, la fede.
Per questo gesto e per l’unità d’intenti nella ricostruzione della verità storica
ringrazio, Padre Gian Carlo Julita, ringrazio gli Amici del Santuario di Re ed in
particolare l’instancabile amico Prof. Carlo Magni. Un gruppo di uomini e donne
amanti della Cultura e dell’Arte, soci del FAI, che dalla Provincia di Varese, molti
anni fa, hanno scelto questa splendida Valle dei Pittori per trascorre, con le loro
famiglie, giornate di festa e di gioia. La Valle li ha tutti adottati ed oggi, con questo
gesto generoso, da veri ‘benefattori’ restituiscono l’affetto ricevuto.
Ad uno ad uno i loro nomi: Giovanna Crosta, Carlo Magni, Gabriella Crosta, Aldo
Graffeo, Pia Crosta, Beppe Porello, Kuki Barbavara, Carlo Bonicalzi, Peppino Sironi,
Luisa Sironi, Alberto Colombo, Isa Selmo, Eugenio Nicolin.
Ringrazio, infine, chi questa dedicatoria l’ha realizzata: il marmorino Luciano
Rivolta, artigiano della pietra e delle iscrizioni lapidee, che opera nel settore da ben
55 anni, continuando con competenza ed orgoglio il mestiere imparato
nella ‘bottega’ paterna.
Nel ringraziare tutti gli intervenuti di questa splendida Valle e non solo, in chiusura di
questo mio contributo, dedico questo momento di pace ed unità ritrovata in questa, e
lo ripeto, verità storica, a mio padre Angelo Vittorio, figlio e conservatore delle opere
del Maestro, riprendendo le parole dello stesso Arcivescovo Gilla Vincenzo Gremigni
dal Discorso celebrativo che fece a Novara nel 1961, in occasione dell’ottantesimo
compleanno di Carlo Bonomi :
“…Quel giorno, quando andai alla Selvaggia di Turbigo …. conobbi un uomo
anche prima che un artista.
Il giudizio d’allora è diventato oggi più pensato, più convinto, più affettuoso.
Conosco meglio l’uomo e l’artista: e più stimo e più amo e l’uomo e l’artista…
…Dinanzi alle statue del Bonomi, dinanzi alle sue tele, non c’è bisogno di ciceroni :
si vede, si ammira, si pensa, si adora. E anche si ringrazia, perché davvero si vola,
su, su, fino a Dio. Oltre il mistero?…”.
Laura Mira Bonomi