La morte di un ‘collega’ del tempo che fu mi ha ricordato un impegno assunto quarant’anni fa e conservato nel mondo impalpabile della memoria. Allora, quattro tecnici (in seguito ne arrivarono altri due, tra cui uno di Castano Primo) erano stati inviati dall’Enel in Marocco per avviare una centrale termoelettrica costruita con macchinari italiani (Franco Tosi, Ansaldo, ecc.). Si trattò di un’esperienza umana forte – l’incontro con una diversa cultura – che promisi allora di raccontare, ma non ho mai avuto il tempo di farlo. Ora, a tarda età, lo sto facendo a puntate (questa è la quarta), sperando di avere la voglia di arrivare fino alla fine.
La potenza di internet è arrivata a toccare anche la storia che siamo intenti a scrivere. Abbiamo ricevuto una mail dalla signora Roberta che, avendo letto le precedenti puntate, ha aggiunto che c’era pure lei, con la sua famiglia, a Mohammedia nel 1979. Il padre lavorava alla Girola/Impregilo, una ‘eccellenza’ italiana che era intenta a costruire il nuovo porto. Non nascondo che la cosa ci ha fatto piacere, La signora ha ricordato che molti suoi compagni di scuola avevano il padre che lavorava al GIE (per noi dell’Enel era il riferimento), altri alla SICOM, che erano le due aziende impegnate nella costruzione della centrale termoelettrica. Ha aggiunto che la sua famiglia è rimasta a Mohammedia per 15 anni e la sua esperienza marocchina si è conclusa solamente con la chiusura dei cantieri italiani.
D’altra parte, alla fine della seconda guerra mondiale, la comunità italiana di Casablanca contava circa 20mila persone, la maggior parte meridionali. L’edificio del consolato, progettato da un architetto italiano, durante il Ventennio, ha la ‘grandeur’ del tempo. Questa colonia italiana aveva costituito una parrocchia dedicata a ‘Cristo Re’ e vantava anche un parroco. Negli anni Ottanta del secolo scorso la comunità si era ridotta a circa 3mila vecchietti italiani che videro con piacere la ventata di vitalità portata dalle nuove generazioni che arrivarono in Marocco, proprio per i grandi cantieri aperti, che perdurarono per un ventennio, ma proseguirono anche oltre perché il lavoro svolto dagli italiani all’estero era ed è di grande qualità.
D’altra parte, in Marocco la concia delle pelli si faceva (forse si fa ancora) con l’urina: si mettevano a bagno in grandi vasche per sgrassarle e poi a seccare al sole ed è per questa ragione che puzzavano. Per noi che arrivavamo da un distretto conciario…
IL THE ALLA MENTA. Riprendendo la nostra storia ci colleghiamo alla mail di Roberta ricordando un fatto. Precisamente il 5 luglio 1980, dopo settimane di lavori notturni mirati all’asfaltatura delle strade (lo scopo era quello di far fare bella figura al Pascià), ci fu il passaggio di re Hassan diretto al porto di Mohammedia per la posa della prima pietra del porto che fu costruito poi dall’Impregilo. Il Re è transitato su una macchina scoperta preceduto da un corteo di moto e di auto. Era vietato aprire le finestre o appostarsi in modo da osservare il corteo. Noi, comunque, mentre bevevamo un the alla menta, lo abbiamo intravisto, in quanto il sito scelto per la centrale termica di Mohammedia era circa 5 Km a sud-ovest del porto, adiacente alla raffineria Samir sull’unica strada che collegava Mohammedia a Casablanca.
FOTO Pranzo di Natale all’hotel Méridien. I nostri figli sotto il ritratto del Re