TURBIGO – Ci sono morti che ci ispirano, perché sono persone che abbiamo conosciuto in vita. Stamattina, dopo la campana da morto, un incontro fortuito con i Parroco dal ‘Polidor’ e la ‘notizia’ che la Luciana (Mereghetti) aveva lasciato questo mondo. Faceva fatica a vivere da anni, da quando il meraviglioso orto che coltivava in Via Centrale Termica non c’era più.
L’avevo conosciuta negli Anni Sessanta del secolo scorso. Turbigo era quello della cartolina d’epoca che pubblichiamo: in fondo, al di là del ponte sul Naviglio, le Concerie Cedrati e Piave. Lei era la responsabile della ‘Rifinizione’ della ‘Piave’, l’azienda che produceva le pelli ‘verniciate’ negli anni del ‘miracolo economico’. Il lavoro era tanto, le richieste arrivavano in gran parte dal Vigevanese e non si riusciva a soddisfare gli ordini. Peppino Garavaglia, il proprietario, aveva realizzato un reparto sottovuoto per evitare che la vernice – che veniva spruzzata sulle pelli attraverso un impianto all’avanguardia – si sporcasse con il pulviscolo atmosferico. Lei era sempre lì, in prima linea, con la pistola dello spruzzo in mano, anche per dodici ore di fila…e nei ritagli di tempo correva, avanti e indietro, con il suo grembiule blu a organizzare il lavoro del suo reparto. La sua grande capacità di lavoro le faceva guadagnare la stima e la considerazione del Capo, ma le donne che dipendevano da lei mal sopportavano il suo sfrenato attivismo. Chi scrive, aveva allora 15 anni e lavorava in un altro reparto, ma non mancarono le ‘questioni’ con la ‘sciura’ Luciana, che non ricordiamo di averla mai visto sorridere.
L’abbiamo ritrovata, in un altro percorso della vita, cinquant’anni dopo, quando un suo nipote – amico di chi scrive – si era ammalato di mesotelioma. Andavamo a trovarlo ogni giovedì pomeriggio e lei era sempre lì, a proporre una tazza di the, a chiedergli se avesse bisogno di qualcosa. Non si era mai sposata, non aveva bisogno di un uomo, bastava a se stessa. In quest’ultimo periodo si era ingentilita e ogni volta che la incontravamo manifestava una benevolenza inusitata. Poi si ammalò di quel male che porta via i ricordi e il pensiero e noi ci siamo limitati a chiedere ai parenti: ‘Come sta la Luciana?’…