Con la recente decisione Cass. civ., sez. 6, 25.02.2020 n. 5059, la Suprema Corte è stata – nuovamente – chiamata a trattare il tema delle limitazioni apposte da uno o più condòmini all’area comune adibita a parcheggio all’interno del contesto condominiale.
* * * *
La quaestio iuris questa volta traeva spunto dal giudizio di alcuni condòmini, secondo cui l’effettiva disponibilità di singoli posti auto nel plesso condominiale avrebbe consentito loro di migliorare, e quindi modificare (seppur a proprie spese), le caratteristiche dei medesimi, ad esempio – come nel caso di specie – attraverso la realizzazione di veri e propri box/garage in muratura utilizzati per riparare i veicoli dalle intemperie. A ciò tuttavia si opponeva altro condomino, il quale, invece, interpretava tale condotta come un’illegittima imposizione di singoli proprietari sopra un bene comune. Era stato quest’ultimo, difatti, ad aver adito il Tribunale di Palermo, e, successivamente, la omonima Corte di Appello, chiedendo (ed ottenendo) la “rimozione dei box auto dell’area parcheggio condominiale”, oltreché il risarcimento del danno.
Sul punto la disciplina del Codice Civile – va premesso – consente ai singoli compartecipanti alla comunione condominiale non solo di servirsi e di disporre (naturalmente) dei beni di proprietà esclusiva, ma anche di modificare le parti comuni dello stabile in condivisione. Ciò, tuttavia, solo ed esclusivamente alle condizioni dettate dall’art. 1102 c.c., comma 1, secondo cui: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.
Per dare applicazione pratica e concreta a questo principio, quindi, occorre comprendere se nel caso specifico la realizzazione delle autorimesse debba considerarsi attività che non precluda a nessun altro condomino il pari utilizzo e che, al contempo, non alteri la destinazione/funzionalità della cosa comune.
Ebbene, a tal proposito la Corte di piazza Cavour si è espressa in senso negativo.
Infatti, “i cortili e le aree destinate al parcheggio” – ha ricordato la Corte Suprema – “rientrano tra le parti comuni dell’edificio condominiale (rispetto ai quali manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio)” e pertanto “la loro trasformazione, sia pure solo in parte, in un’area destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di box o autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, comporta sia un’alterazione della consistenza strutturale della cosa comune, sia una sottrazione della destinazione funzionale della stessa”.
Per l’effetto, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e, così, confermava la condanna alla rimozione delle autorimesse edificate sopra ai parcheggi condominiali.
Tale sentenza – si noti – si inserisce in un contesto giurisprudenziale variegato che, in via generale, si dimostra molto attento a garantire la tutela del diritto, comune, ad una fruizione piena, collettiva e aperta di tutti gli spazi condominiali (ed il linea anche l’altrettanto recente Cass. civ., sez. VI, 18.03.2019, n. 7618, ove per analoghe ragioni il condomino proprietario di autovettura lasciata in sosta perenne all’interno del cortile condominiale è stato condannato alla rimozione del veicolo).
Il testo della pronuncia commentata è reperibile al seguente link (http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).
Avv. Davide Pistone