Non ci sono parole, tutto è ampiamente descritto nella lettera pubblicata, dal Corriere della Sera, siglata dal Dott. Mumoli. Mi sento in dovere di riproporvela nella sua interezza, con la speranza che tutto questo finisca presto.
La letteradi Nicola Mumoli al Corriere:
Gentile redazione (Ndr. Corriere della Sera), dirigo l’Unità Operativa di Medicina dell’Ospedale di Magenta da più di due anni dove da settimane, con immenso e costante sforzo dei miei collaboratori, trovano cura oltre 130 pazienti affetti da Covid 19.
L’impegno di ognuno di loro si concretizza in giornate di lavoro che ormai, è noto, disconoscono orari, riposo e recuperi, ma che soprattutto si nutre inspiegabilmente di quella generosa follia che ci fa esporre ogni giorno alla stesso rischio da cui chiunque invece si difende. Sono attualmente 2629 sanitari contagiati – l’8,3 % dal totale dei colpiti – e tra essi 14 vittime.
Tutti hanno nascosto sotto una mascherina la propria identità, nessuno ha cercato visibilità, di loro nessuno ha parlato perché queste notizie “non fanno più rumore del crescere dell’erba” come scriveva Ungaretti. Una mia collaboratrice, impegnata da subito in questa battaglia e con contatti quotidiani con pazienti affetti da Covid 19, pochi giorni fa si è ammalata, manifestando sintomi e segni tipici della patologia virale; contattati più volte i numeri di emergenza nazionale, le è stato negato il tampone. Invece oggi le pagine delle cronache riportano le buone condizioni di calciatori, attori e politici che esattamente come la mia collaboratrice hanno avuto “contatto con persone positive e sintomi da virosi” ma cui a differenza della dottoressa è stato eseguito il tampone e quindi formulato un corretto programma sanitario di controllo. Non conoscere, ma solo ipotizzare per la mia collaboratrice, un contagio da Coronavirus, oltre a essere ragione di preoccupazione e angoscia, non le consente di applicare le linee guida in fieri sull’eventuale assunzione di farmaci antiretrovirali né di scegliere i corretti tempi di rientro al lavoro. Inevitabile il pensiero di chiunque: grande solidarietà con il personale sanitario, striscioni ovunque, slogan buonisti sbandierati da tutti ma di fatto solo discriminazione e ipocrisia. Se si deve scegliere tra un calciatore e un medico non ci sono dubbi e ci sentiamo condannati a sparire sotto quella mascherina che indossiamo ogni giorno con grande fierezza, esercitando un lavoro che mai come ora consideriamo un privilegio.
Nicola Mumoli
Direttore Uo Medicina Interna
Ospedale di Magenta