XIV – Ci sono storie perdute nel mondo imponderabile della memoria che risalgono la retta del tempo in senso inverso e vengono alla luce come certi fittili di tombe preistoriche che, proprio perché in terracotta, attraversano i secoli. Senza far rumore. La nostra storia si svolge al tempo al tempo in cui il sindaco Paratico era stato battuto alle elezioni del 1975, ma era rimasto in Consiglio Comunale. Ci scrive Angelo Paratico, figlio del sindaco Giambattista, di un ‘incidente’ di percorso avvenuto alla fine del 1978:
“Mio padre non era più Sindaco. Mio fratello Pietro ricorda che aveva proseguito come consigliere, al tempo della prima amministrazione Cavenago. Vanoni cercò di convincerlo a non farsi umiliare e restarne fuori, ma lui disse che non poteva mollare solo perché aveva perso. Comunque, ebbe sempre stima sia per Cavenago che per Orlandi, non gli sentii mai dire una parola negativa contro di loro.
Durante la sua ultima campagna elettorale ricordo delle tensioni, dovute al periodo storico nel quale vivevamo (Brigate Rosse, Prima Linea ecc.). Nel 1975 molti dei manifesti elettorali con le liste elettorali del nostro paese portavano la scritta ‘duce’ scritta con un pennarello vicino al nome di mio padre.
Doveva essere la fine del 1978, perché avevo già terminato il mio servizio militare nella divisione corazzata Ariete, a Tauriano di Spilinbergo, in Friuli. Era una mattina, io stavo seduto in casa, all’altro capo del tavolo stava mio padre, immerso come sempre nella lettura del ‘Corriere della Sera’. Entra mia madre, bianca in viso e piuttosto agitata e dice a mio padre che la vicina di casa, Pinuccia Della Vedova, le aveva raccontato che suo marito, Felice, era tornato a casa verso mezzanotte e mentre apriva il cancello per portare l’auto nel cortile (che condividevamo) per poi infilarla in garage, era stato avvicinato da due uomini, uno gli puntò la pistola addosso, ma poi l’altro gli disse: “Non è lui!”. Si voltarono e corsero via. Pinuccia – disse – che il marito si era spaventato moltissimo, al punto di dover tracannare grappa per farsi passare i tremori!.
Mentre Pinuccia parlava, mio padre alzò la testa dal giornale, la guardò e rispose con un cenno, come dire ‘Va bene, ho preso nota’. Poi si reimmerse nella lettura e di quel fatto non si parlò più, né venne presentata una denunzia ai Carabinieri. Credo che non si spaventò più di tanto, durante la guerra era stato un sergente di fanteria, in un tempo in cui si sparava sul serio. Ricordo questo fatto perché nei giorni successivi ne accennai in una lettera a un amico di Roma, Patrizio Casagrande”.
Giambattista Paratico non si presentò più alle elezioni del 1980 che confermarono l’Amministrazione Cavenago.