Gentile Direttore,
in nome e per conto del sig. Felice Sgarella detto Lanticina, a seguito della pubblicazione online dell’articolo a Sua firma in oggetto, Le chiedo la pubblicazione della presente rettifica: – non corrisponde al vero che il giorno 10 Lei sia stato aggredito fisicamente e verbalmente dal sig. Felice Sgarella, in ragione oltretutto di un preteso attentato alla libertà di stampa; – come potranno testimoniare le persone effettivamente presenti, Lei ha scattato diverse fotografie a distanza del signor Sgarella che parlava nella piazza antistante il Comune di Magenta con un conoscente e, non contento delle molestie che stava arrecando ad una conversazione privata, si è fatto avanti fino a interporsi tra gli interlocutori; – Lei, come sempre, girava completamente sprovvisto di mascherina, e non si è fatto alcun scrupolo di portarsi sotto la faccia del sig. Sgarella, che era stato costretto ad abbassarla per chiederLe di allontanarsi, rispettando la sua privacy e la sua incolumità; – il sig. Sgarella si è limitato a scostare la macchina fotografica che Lei gli brandiva davanti al viso, ma non ha mai colpito né Lei né l’apparecchio: i due ceffoni sono una Sua invenzione, la cui diffusione costituisce diffamazione pluriaggravata; – più di ogni altra cosa poi al mio assistito preme evidenziare di non essere mai stato Suo amico. Lei può nascondersi dietro le libertà costituzionali quanto Le pare, ma a che parrocchia appartenga è noto, mentre il sig. Sgarella, in qualunque formazione politica militi o abbia militato, è sempre stato fieramente antifascista.
avv. Daniela Torro
Caro signor Sgarella,
non serve negare l’evidenza, perché ciò che è accaduto è stato ripreso da telecamere ed è stato visto da testimoni. Ci sono quindi fonti inoppugnabili che la inchioderanno alle menzogne che lei disinvoltamente reitera piuttosto che vergognarsene.
Caro Sgarella, lei è un uomo pubblico, svolge attività politica e ha un ruolo di rilievo: dovrebbe sapere che quando sosta in una piazza è sotto gli occhi di tutti, non nella cucina di casa sua. Fotografandola volevo fare ciò che tutti i giornalisti e fotografi fanno in ogni luogo del mondo libero: immortalare in un luogo pubblico un uomo pubblico.
Sono stato insultato, minacciato e picchiato solo per questo. Non ho fatto altro.
Fa dunque davvero sorridere la sua vanteria finale di essere un antifascista. Se l’antifascismo è picchiare i giornalisti per aver fatto una fotografia allora, mi permetta, lei ha una idea davvero strana della democrazia e della libertà. Se non vuol credere a me, crederà ai tribunali penali e civili che la condanneranno per il suo inqualificabile comportamento.
Stia bene.
Francesco Maria Bienati