Per me che l’arte è sempre stata un rifugio dalla realtà – quindi anche dalla politica – vedere con quanta forza si cerchi di canalizzarla è quasi una violenza. La politica è necessaria a trovare soluzioni di convergenza tra le persone interessate da e a determinate problematiche. La politica serve a dare risposte a problemi più o meno impellenti e serve a mille altre cose importantissime ma l’arte spesso vive una dimensione diversa.
Mi è capitato molte volte di vedere artisti raggruppati dalle stesse appartenenze politiche, dagli stessi ideali, senza badare molto alle opere, quindi relegando il discorso artistico in un angolino preferendovi quello politico-ideologico. Questo può risultare accettabile quando gli artisti in questione toccano con le proprie opere temi politici mentre lo è di meno se gli artisti in questione comunicano le proprie idee esclusivamente fuori dal campo artistico.
Mi sento a disagio nel leggere che l’artista debba prendere posizione, dichiarare da che parte sta. L’intento di questo articolo è anche quello di comunicare la mia di posizione che è a favore dell’arte, contro le ingerenze della politica da un ambito con il quale non necessariamente ha a che fare.
La politica come qualsiasi altra cosa può entrare nell’arte ma non ne è una componente indispensabile, tra millenni si apprezzerà ancora la Pie di Monet senza che sia necessario chiedersi cosa il Maestro avesse pensato, ad esempio, riguardo alle problematiche del suo tempo. L’opera d’arte vive una dimensione più alta rispetto a quella della politica perché può toccare realtà che non hanno a che vedere con le problematiche terrene e ci offre la possibilità di poter sorvolare, anche solo per un attimo sopra questioni pratiche e quotidiane.
La cosa più bella che possa accadere ad un artista è che la propria opera viva a prescindere da se stesso mentre una delle peggiori è vedersi riconosciuto in virtù di appartenente ad un circolo di accoliti.
Ben vengano i nuovi principi di inclusione per l’assegnazione dell’Oscar al miglior film, ma non bisogna dimenticare che la vera inclusione in arte è far partecipare chi pensa diversamente da te, in quanto il pensiero è una componente molto importante in campo artistico e la vera diversità concerne il modo di vedere le cose più che l’appartenenza ad una particolare etnia o ad un particolare genere.
In altre parole: includere persone dal diverso colore della pelle ma dalle medesime idee, in un campo in cui la diversità è rappresentata dalle idee, è una reale inclusione?
Un’arte che diviene politicamente corretta, didascalica o peggio ancora pedagogica è una prospettiva che dal mio punto di vista non ha nulla di attrattivo.
L’unica colpa per un artista, se proprio vogliamo a tutti i costi affibbiargliene una è quella di fare opere banali, non certo avere un pensiero politico di un tipo piuttosto che un altro.
Io non mi occupo di cinema ma credo che, in generale, sia giusto dare la possibilità a chi ha meno opportunità di “potersela giocare”. Questo però non deve andare a discapito della qualità delle opere, la trama di un film ad esempio non può essere sindacata, proprio perché l’arte va oltre anche ai problemi terreni come quello della ricerca del lavoro, rispondendo a necessità se non più alte sicuramente diverse. Sono contrario insomma all’arte usata per fare politica, anche nel caso in cui la visione politica in questione dovesse essere di mio gradimento.
Nel trattare questo tema non posso non ricordare con un po’ di rammarico che queste iniziative inclusive sono nate non da un’esclusione, che sarebbe già di per sé gravissima ma addirittura da una cancellazione: quella di Cristoforo Colombo che è stato sostituito con l’imposizione di altre figure. Ripeto: non affiancamento ma cancellazione e sostituzione a mezzo imposizione violenta.
Mi preme ribadire che l’inclusione in arte deve passare per la partecipazione di chi ha idee e opere diverse, non di chi appartiene a diverse etnie ma finisce per far convergere il proprio pensiero e la propria produzione artistica su canoni comuni escludendo la possibilità di confronto.
Sono felice quando sento che una persona pensa diversamente da me, lo considero una fortuna se non addirittura un arricchimento, non penso di trovarmi di fronte ad un pensiero migliore o peggiore ma diverso, nato da esperienze diverse e da diversi punti di vista. Insomma, non lo considero inferiore o peggiore ma diverso: concetto che sta alla base della inclusione.
In arte avviene sistematicamente e non in via eccezionale l’organizzazione di mostre ed eventi tra artisti che appartengono alla stessa parrocchia, come se l’arte fosse un partito politico o una religione mentre, invece, l’arte semplicemente “Non è”.
Uno dei mali dei nostri giorni è che la politica la si vuol mettere ovunque pur di non rendere responsabile e quindi emancipata la popolazione. Sul terribile caso di Willy Monteiro, ad esempio, hanno perduto le famiglie, il quartiere, la società italiana tutta ed è inutile voler addossare le colpe a qualche politico che urla in tv, sui social e nei comizi elettorali. Entro un certo limite le azioni umane possono essere anche assoggettate ad altri, rei di averti influenzato ma se oltrepassi il confine e ti spingi così in là, la responsabilità è solo tua e devi pagare per ciò che hai fatto. Pagare innanzitutto per te stesso e per i tuoi cari. Se la politica cerca di toglierti responsabilità fa del male sia a te che a lei. Le persone sono libere di scegliere i modelli da seguire è ora di rendere responsabili i cittadini anziché alimentare uno sterile dibattito politico. Fortunatamente esiste una società civile fatta di imprenditori, artigiani, insegnanti, artisti, i quali ogni giorno fanno le proprie scelte solo in minima parte influenzate dalla politica. Personalmente credo che quel che può darmi la vista di un’opera di Bramante nessun decreto possa mai darmelo.