Il confine tra la Croazia e la Bosnia Erzegovina è disseminati di strade innevate in questi giorni. Con temperature abbondantemente sotto lo zero abbiamo cercato di dare una risposta alle tante domande che avevamo su come viene gestita l’emergenza migranti nell’area dei Balcani. Migranti che, ricordiamo, sono in buona parte diretti in Italia.
Siamo tornati con ancor più domande di quelle che avevamo in partenza e ben poche risposte.
Vuoi per la solerzia della polizia bosniaca che, causa covid, ci ha impedito l’ingresso dalla frontiera, vuoi per il rischio di essere obbligati ad una quarantena al ritorno non abbiamo potuto raggiungere il campo profughi di Bihać, cosa che avremmo fortemente voluto.
Ci viene il dubbio che il covid venga preso come scusa dalle autorità locali che, in questo modo, riescono ad evitare ingressi scomodi.
Insomma, che potrebbero creare dei problemi ad un paese che ha ricevuto parecchie critiche nelle ultime settimane. Ci viene altresì la certezza che le autorità locali siano andate in tilt e non siano in grado di gestire l’emergenza. Se non con il pugno duro. Lungo il confine Croazia Bosnia non si incontra un solo migrante. Eppure l’abbiamo girato in lungo e in largo.
Abbiamo percorso perfino le stradine interne che portano in mezzo ai boschi innevati, ma niente.
I respingimenti sono immediati e, a quanto pare, violenti. E’ un buon metodo questo per affrontare un problema umanitario? Diremmo proprio di no. I media locali parlano di continue aggressioni e scontri tra i residenti di Bihać e i migranti. Pochi giorni fa è stato postato su facebook il video di un pestaggio sanguinario ai danni di un giovane pakistano con dei ragazzi del posto che urlavano “Colpiscilo, fanculo a sua madre, picchia i nostri figli …“. Alcuni media locali affermano che negli ultimi mesi ci sono stati almeno due omicidi di migranti. Cosa vuol dire “almeno due omicidi”?.
Quanti sono i migranti ospitati a Bihac non è dato a sapere con certezza.
Gli unici articoli sui media italiani che abbiamo visto degni di nota sono quelli del quotidiano Avvenire che, appoggiandosi alla Caritas che opera in loco, hanno portato all’attenzione generale le storie di alcuni profughi.
Risaliamo verso la Slovenia. A Lubiana, la capitale, abbiamo conosciuto Zana, una attivista per i diritti umani che ci ha raccontato come il suo paese sta gestendo l’emergenza. La Slovenia si è imposta negli ultimi anni come capitale del verde, della cultura, dello sport e sta facendo l’impossibile affinché i migranti non entrino nel loro territorio perché sono un elemento di disturbo per il turismo. Ha completato il reticolo spinato lungo tutto il confine e sta lavorando, si fa per dire, per evitare che ci siano persone come Zana che si occupano del loro inserimento. Zana, che ci ha ricevuti nel suo appartamento a Lubiana, fino a tre settimane fa, gestiva il centro sociale Ambasada Rog, una ex fabbrica che ospitava migranti (alcuni provenienti dagli stessi campi profughi della Bosnia), ma anche persone in condizioni svantaggiate offrendo loro una possibilità di reinserimento nella società. “Il 19 gennaio 2021, alle 7 del mattino, – racconta Zana – i dipendenti della società di sicurezza Valina sono entrati con la forza negli spazi della Fabbrica Autonoma Rog a Lubiana. Con la violenza, usando la forza fisica, hanno ferito alcuni dei suoi utenti e sfrattato tutti. La polizia ha innalzato recinzioni attorno a Rog e ha iniziato a picchiare i sostenitori che si radunavano davanti al cancello della fabbrica. All’interno del complesso le maestranze hanno demolito la maggior parte delle strutture laterali e fracassato le finestre dell’edificio principale tutelato come patrimonio. Sono state trattenute più di 10 persone, tra cui alcuni dei feriti che necessitavano di assistenza medica”.
Parleremo ampiamento del progetto di Zana, bruscamente interrotto dalle autorità locali. Intanto possiamo dire con certezza che ci troviamo di fronte ad una vera e propria tragedia umanitaria che i paesi dei Balcani non sono in grado di gestire.
Chi scrive si è mosso con Francesco Maria Bienati solo per cercare di capire. Ma torna con ancora più dubbi di prima.
Graziano Masperi