Un paese verde, turistico e accogliente. Questa è la Slovenia. Talmente facile da raggiungere che non è necessario nemmeno passare dalla dogana. I controlli ci possono essere, ma sono casuali. Noi stessi all’andata non ci hanno nemmeno controllato il passaporto e al ritorno abbiamo seguito una strada laterale e poco battuta che consentiva l’ingresso in Italia senza transitare dalla dogana. Un paese all’avanguardia che ha eliminato i posti di blocco sui confini interni di Schengen, ciò vuol dire che è possibile entrare o uscire dal paese attraverso tutti i valichi di frontiera con Italia, Austria e Ungheria e non solo attraverso i dieci punti precedentemente designati. Inoltre, coloro che sono guariti dal Covid-19 o sono stati vaccinati con le due dosi potranno entrare nel Paese senza essere messi in quarantena o fornire un test negativo per il coronavirus. Questo giusto per precisare quanto la Slovenia sia avanti, rispetto anche alla Croazia e, ancora di più, alla Bosnia. Ma come sta reagendo all’emergenza umanitaria dei migranti la Slovenia? Naturalmente non spetta a noi giudicare, ma da giornalisti ci piace osservare e parlare con la gente. E così nella capitale Lubiana abbiamo intervistato Zana Fabjan Blažič, una sociologa e antropologa molto preparata, che ci ha spiegato cose le è accaduto soltanto poche settimane fa. Zana gestiva la fabbrica autonoma Rog nella capitale slovena. Un luogo dove migranti e persone ai margini della società potevano ritrovarsi, conoscersi, imparare. Dare libero sfogo alle loro capacità. Un luogo che le autorità locali hanno demolito. A destare sconcerto in questa vicenda è stato il modo di procedere della polizia slovena. Hanno demolito gli spazi della fabbrica Autonoma Rog usando la forza e ferendo alcune persone presenti che si opponevano allo sgombero. Dieci persone sono state trattenute, senza che venissero fornite indicazioni su dove venissero trasferite. Insomma, un modo di fare indegno di un paese che si sta affacciando all’avanguardia mondiale per le sue bellezze naturali che ne fanno uno dei luoghi più interessanti. Il solito modo di fare di molti paese capaci di mostrare la bella faccia e nascondere il peggio. Perché il brutto è meglio che non si veda. È giusto invece mostrare i prati verdi e le belle montagne. “Dall’apertura della fabbrica autonoma Rog, il Comune di Lubiana non tollera il fatto che mostriamo lo specchio della loro politica – spiega Zana – Le loro politiche stanno trasformando la città in una Disneyland per i turisti e stanno mettendo il profitto sulle persone. Questo è il motivo per cui hanno annunciato una guerra totale contro di noi”. Eppure un luogo come quello dovrebbe essere accolto a braccia aperte da qualsiasi governo. Negli ultimi 15 anni centinaia di persone hanno utilizzato la fabbrica autonoma. Perfino alcuni migranti provenienti dai campi profughi della Bosnia. Dopo anni di procedimenti giudiziari contro gli utenti senza successo e pubblicamente impopolari, le autorità hanno deciso per un’irruzione violenta e una completa demolizione dello spazio. Dove sono finite le persone che venivano ospitate nella fabbrica autonoma? Sono sparse in giro. Questo è il risultato. Ma l’importante è che non si vedano e in Slovenia si deve vedere solo il bello. Per non parlare del fatto che un’azione di sgombero di tale portata è stata messa in atto in un periodo di pandemia. “Lo sgombero delle persone nel mezzo di una grave epidemia è assurdo – aggiunge l’attivista per i diritti umani – per il comune che vende continuamente la sua immagine di capitale verde, sociale, culturale e solidale. Dopo la sua campagna infruttuosa per la capitale europea della cultura con il motto “Solidarietà”, tutte le maschere sono finalmente cadute”. Zana e gli altri promettono battaglia. Affermano che non rimarranno a guardare e non si faranno piegare dai soprusi. “Lotteremo per riconquistare i nostri diritti e demolire il sistema fascista violento – conclude – Ambasada Rog era uno spazio comune per tutti. Sia per i profughi dei Balcani, che per i centri per stranieri, che per le persone in grave difficoltà. Non possono distruggere 15 anni di sogni”.
Graziano Masperi