Vista la polemica degli ultimi giorni abbiamo deciso di pubblicare alcune interviste su CAM per conoscere meglio una realtà ancora troppo nascosta. Tenendo presente una cosa: il mondo islamico è variegato, il Corano si presta a differenti interpretazioni e non nascondiamo di certo casi di segregazione o sottomissione. Alcune di queste storie le raccoglieremo in un libro, non solo di donne e non solo di religione islamica. Stranieri che vivono da noi da tanti anni da sentirsi italiani, ma sempre con il rispetto per le loro origini. Non storie eroiche, ma normalissime.
Geihan Ahmed è arrivata in Italia nel 1986 per raggiungere il marito. Viveva a Il Cairo, megalopoli egiziana e oggi abita a Magenta dopo avere vissuto per parecchi anni ad Abbiategrasso. La incontriamo mentre legge alcuni versetti del Corano in pieno Ramadan
Quali sono stati i tuoi pensieri appena sei arrivata in Italia?
Ad Abbiategrasso eravamo la seconda famiglia che arrivava dall’Egitto. All’inizio avevo paura. Ero una ragazza di 19 anni e mi spaventava la sola idea di uscire da sola in un paese che non conoscevo. Uscivo soltanto con mio marito, e per tre mesi sono sempre rimasta chiusa in casa. Volete sapere un aneddoto divertente? Negli anni ’80 c’erano ancora case senza bagno. Per andare in bagno bisognava uscire e andare in corridoio e per me questo era inconcepibile. Un giorno dissi a mio marito. “Ma sei sicuro che ci troviamo in Europa?”. Lui si mise a ridere. Nel cortile dove abitavamo, era il quartiere dell’Annunciata, c’erano siciliani, napoletani, persone del nord. E poi c’eravamo noi. Capirsi era un’impresa! È stata una mia vicina di casa a cominciare a insegnarmi l’italiano. Me lo insegnava come se fossi una persona muta. Alzava un foglio e mi diceva “Questo è un foglio” e io ripetevo. Alla fine l’ho imparato benissimo. Dal 2000 al 2005 ho lavorato al Golgi di Abbiategrasso con mio marito nelle pulizie. Oggi vivo a Magenta e con mio marito gestiamo un internet point.
Noti delle differenze nell’atteggiamento che gli italiani avevano verso gli stranieri negli anni ’80 rispetto ad oggi?
Si, c’è tantissima differenza. Dagli anni ’80 ad oggi è cambiato tantissimo. Noi stranieri eravamo in pochi e non eravamo visti con cattiveria. Nemmeno oggi c’è cattiveria. Quella che è cambiata è l’educazione. Specialmente dei ragazzi che non è più quella di una volta.
Come si è svolta la tua vita ad Abbiategrasso?
Ho avuto tre figli, due femmine e un maschio. Sono nati tutti ad Abbiategrasso e parlano l’italiano in maniera corretta oltre all’arabo. In casa parliamo in lingua araba perché pensiamo che sia importante mantenere il contatto con le nostre origini. Ma nessuno di loro ha avuto problemi. Hanno frequentato le scuole ad Abbiategrasso e la loro vita si sta svolgendo normalmente
È vero che la donna vive in condizioni di sottomissione rispetto all’uomo?
Questo non è vero. Io non sono mai stata una donna sottomessa. Se voi entrate in un centro islamico trovate due ingressi, uno riservato agli uomini e l’altro alle donne. Ma non è segno di sottomissione. Le moschee sono divise. Noi donne entriamo da un’altra parte. Si prega in modo differente. Voi avete le panche in chiesta noi ognuno con il suo tappetino. Qualche volta anche in casa, dove io mi metto dietro mio marito secondo una tradizione storico religiosa del nostro Corano. Noi siamo legatissimi alle nostre origini. Impariamo dai nostri genitori e crescendo facciamo come loro. Quando una ragazza cresce e raggiunge una certa età può decidere di mettersi il velo, come di non metterlo. È una sorta di riservatezza e di rispetto che la donna garantisce a sé stessa. A noi piace perché rappresenta un senso di protezione. Da noi si dice che se c’è qualcosa di bello, come il volto di una donna, questo va protetto. E ci dispiace quando sentiamo dire che siamo sottomesse o non abbiamo libertà.