Anche morire diventa un problema.
Il decesso avvenuto questa mattina di Mohammad Aslam Khan, pakistano classe 1971 residente a Magenta, 50 anni appena compiuti solleva un caso. Umano, anzitutto. È stato trovato positivo al covid soltanto tre giorni fa e questa mattina le persone che vivevano con lui in quarantena in un appartamento all’ultimo piano di via Bellini lo hanno trovato a terra, incosciente. A nulla sono valse le manovre rianimatorie avviate dai soccorritori del mezzo di base e dall’equipe dell’automedica. Decesso per arresto cardiaco in covid, questo il responso. Ma la morte del povero Mohammad solleva anche un caso che si scontra con la burocrazia dilagante e con il rispetto dei diritti. Per il 50enne è stato un problema anche disporre il trasporto all’obitorio perché doveva essere autorizzato dal medico di base, fortunatamente rintracciato nel pomeriggio. Esiste però un altro problema. Quanto tempo rimarrà in obitorio il 50enne? Impossibile saperlo. Questa mattina alcuni membri della comunità pakistana di Magenta si sono ritrovati sotto la sua abitazione a manifestare cordoglio per il loro amico che non era sposato e non aveva nessuno. “Inoltreremo una richiesta al comune affinché venga seppellito al cimitero di Magenta, in uno spazio dedicato a persone di religione musulmana – ha affermato Munib Ashfaq – Trasferirlo in patria è praticamente impossibile. Vuoi per i costi esorbitanti che comunque noi come comunità potremmo accollarci in caso di bisogno, vuoi perché non ci sono voli in questo periodo”. La questione di uno spazio al cimitero venne sollevata già tempo addietro dall’associazione Moschea Abu Bakar. Lo scorso anno, nel mese di settembre, il Tar accolse il ricorso dell’associazione islamica contro il provvedimento di diniego dell’istanza di concessione di un’area per la sepoltura secondo il rito musulmano. “Ad oggi però siamo sempre al punto di prima – conclude Ashfaq – solleviamo questo caso affinché non si ripetano situazioni come quella che oggi ci troviamo ad affrontare”.