BULGAROGRASSO – Sabato 2 ottobre 2021, nella piazza del Risorgimento, è stato presentata la storia del paese promossa dalla Fondazione Bellaria onlus e curata da Giuseppe Leoni. A seguire, sono stati consegnati i riconoscimenti agli studenti meritevoli.
LA STORIA – Bulgaro fa il suo ingresso nella storia circa mille anni fa attraverso i monaci cistercensi. Arrivarono dall’abbazia di Morimondo con l’intento di trasformare terra desolata in terra coltivata, intraprendendo la coltivazione del bestiame e della terra, prosciugando la palude che aveva fatto il Lura con lo spagliamento… Secondo la tradizione, il Grana Padano – il prodotto oggi venduto in tutto il mondo – nacque nel 1135 in queste abbazie (Morimondo, Chiaravalle, Acquafredda…)
Perché arrivarono qui i monaci cistercensi dal Milanese?
Chiesa imperiale – Nell’ultimo quarto del X secolo, l’arcivescovo Landolfo da Carcano, cacciato a furor di popolo dalla città per via della sua elezione irregolare, ma favorita dall’Imperatore, riuscì a rientrarvi dopo aver legato a sé, con prebende, certi milites residenti a Milano e altri nel contado. L’honor, il districtus, la jurisdictio sulle relative popolazioni furono affidati ai Capitanei S. Ambrosii insieme alla raccolta delle decime plebane.
Chiesa papale. Proprio per tali raccomandazioni e disinteresse, attorno all’anno Mille la chiesa imperiale era in crisi: le chiese crollavano e i proventi ecclesiastici, creati dai carolingi per dar forza di sussistere alle chiese, erano in mano alle potenti famiglie nobili milanesi che diventavano sempre più ricche. I Vescovi erano a servizio del potere feudale e nominati dall’imperatore. Sarebbe dovuta arrivare la Dictatus papae del 1075 di Gregorio VII, una riforma con la quale il Papa impose il celibato e ordinò che i Vescovi venissero nominati dal Papa, per annientare tutti gli altri poteri che condizionavano la ‘religiosità popolare’ edificando così quella Chiesa che sarebbe arrivata sino a noi.
Come reazione, in tale clima di rinnovamento fiorì la ‘regola’ benedettina e iniziò il vassallaggio ecclesiastico (1187-1510). All’epoca delle lotte comunali Bulgaro, allora nel contado del Seprio, si schierò con Como contro Milano. Fu certamente l’affermazione di Milano, nel conflitto decennale con Como (1118-1127), che permise all’abbazia dell’Acquafredda (fondata nel 1153) di impiantarsi nel territorio comasco e possedere beni a Bulgaro, pur essendo ‘milanese’ Diventarono loro i ‘padroni’ per cui anche i diritti feudali (nomina dei consoli e del cappellano della chiesa) erano tutti concentrati nell’abate di Lenno che aveva dignità arcivescovile. Fu Lui a promuovere la costruzione dellagrangia cistercense di S. Maria: un deposito fortificato dove si custodivano i raccolti e le decime che spettavano all’abbazia. Un grande torrione – chiamato ‘castello’ che permetteva di tenere sotto controllo la zona agricola – dove veniva ammassato il grano e il frutto delle decime, emergeva dal contesto e aveva fatto sì che assomigliasse ad una ‘fortezza’, adatta per difendersi dal rischio di saccheggi. Una chiesetta dedicata alla Vergine, poi con la fine della signoria abbaziale decadenza della grangia la denominazione venne cambiata da S. Maria a S. Anna.
Risale a questo tempo la prima citazione nota in cui il territorio de Burgari in plebe de Apiano compare nella proprietà abbaziale è datato 20 febbraio 1187. I difficili rapporti tra abate e rustici (il cui salario era stabilito dal prelato), risultano da un documento del 4 novembre 1283 dove i bulgaresi cercarono di opporsi alla Signoria, ma senza risultato.
Il conflitto tra l’abate e la parrocchia – La parrocchia di Bulgaro – nata dopo il Concilio di Trento – faceva parte della pieve di Appiano Gentile. Compito delle chiese plebane era anche la cura degli oratori periferici, perché solamente le chiese battesimali potevano riscuotere le decime e quindi disporre dei fondi necessari alla conservazione degli edifici sacri, come prescriveva un decreto di Ludovico I, re dei Franchi (824). A parte il fatto che ciò non avveniva, nel caso di Bulgarograsso, dal 1283, le decime erano appannaggio dei monaci dell’Acquafredda e ciò creò forti tensioni tra l’abate e il pievano di Appiano. La situazione non mutò fino al all’inizio del Cinquecento.
Le chiese – Il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, della fine del XIII, secolo elenca due chiese esistenti a Bulgaro: Santa Agata (p. 25c) dove si teneva la festa di San Pietro (p. 291c) e Santa Maria (p.254c) che in seguito diventerà Sant’Anna. SANTA AGATA cappella nel Trecento, Rettoria nel 1564, consacrata nel 1685 come nuova chiesa e abbattuta nel 1954 per far posto all’attuale. SANT’ANNA nell’area della fortezza dove l’attuale dedicazione a S. Anna si ritrova a partire dal XVIII secolo, mentre originariamente era dedicata a S. Maria un culto tipico dei monaci Cistercensi.
Nel 1535 il ducato di Milano divenne feudo dell’imperatore Carlo V. Lo Stato di Milano cessò di esistere e in Lombardia si instaurò il dominio spagnolo che sarebbe durato due secoli.
Il feudo camerale. Bulgaro seguì le orme del feudo camerale di Appiano con altri paesi e diversi feudatari fra cui Alonso Del Rio Noriega (1650), Carlo Litta-Biumi (1739) e altri.
1722 – Il Catasto teresiano (fisco) – Dalla rilevazione effettuata nel 1732, risultò che i maggiori possidenti erano la parrocchia di Caccivio, le abbazie di Sant’Abbondio e del SS. Crocifisso, le monache di San Leonardo e di San Marco in Como, l’abbazia di San Simpliciano in Milano, la canonica di Bulgaro, le ‘Scuole’ di Appiano, di Bulgaro e Caccivio, la Comunità di Bulgaro, le Cave di Bulgaro, Appiano e Caccivio. Il Catasto entrò in vigore nel 1760 a supporto della successiva riforma del governo delle amministrazioni locali (1755) che, con l’individuazione dei proprietari, permetteva il pagamento delle tasse.
1785 – Le ‘soppressioni giuseppine’. Dopo il Catasto, resosi conto che i beni della ‘manomorta’ riducevano in maniera significativa la capacità impositiva dello Stato, perché esenti dalle tasse sin dall’età longobarda, Giuseppe II avviò le cosiddette ‘soppressioni giuseppine’ che portarono all’abolizione dei monasteri e all’incameramento dei beni da parte dello Stato che li mise subito all’asta, favorendone l’acquisto da parte della nascente borghesia. A Bulgarograsso, la cui superfice ammontava a circa cinquemila pertiche di terreni asciutti coltivati, ben tremila erano di proprietà degli enti ecclesiastici. L’arrivo, poi, dei Francesi (1796) diede il colpo di grazia al feudalesimo. Fu abolita la nobiltà e i titoli e soppresse le autorità feudali.
Il comune moderno. Cesare Cantù nella sua ‘Illustrazione’ così descrive il nostro paese nel primo Ottocento: “La più parte delle pertiche sono coltivate a grano. Molti gelsi e poche viti; l’aria è sana, ma la pellagra vi domina. Dei 500 abitanti, alcuni attendono a circa 50 telai di stoffe di seta. E’ scarsa l’acqua potabile”. Si coltivava frumento, necessario a pagare l’affitto al padrone, e granoturco, alimento principale per l’alimentazione contadina (che favoriva la pellagra) e poi la gelsicoltura.
Per un certo periodo Bulgarograsso venne aggregato a Appiano, con il quale attraversò anche il Ventennio (stesso podestà: Gian Mario Cetti Serbelloni), fino al 1950 quando tornò autonomo.
1861 – Il Regno d’Italia. L’unità d’Italia non cambiò la vita dei contadini che continuarono a pregare il cielo affinché piovesse, ma salvasse i loro raccolti dalla tempesta. Fu proprio la miseria imperante che creò l’ambiente adatto alle ‘fabbriche’ di insediarsi in un territorio in cui la manodopera costava poco. Le prime filande furono impiantate a Caccivio (Tessiture Stucchi) dove le ragazzine lanciavano invocazioni alle madri perché le venisse risparmiato un lavoro che le costringeva a rimanere molte ore al giorno in ambienti malsani, con le mani immerse nell’acqua bollente per la trattura dei bozzoli.
Da contadini a operai – All’inizio del Novecento, una visita dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari registra il cambiamento in atto: “Gli abitanti sono per metà tessitori in casa propria, per metà contadini. Da due anni è aperta una piccola tessitura (Paolo Fasola, ndr) per seterie, occupante circa 100 tra operai e operaie. Altri operai escono giornalmente per recarsi a Como e a Lurate Abbate alla tessitura Stucchi. Una cinquantina di muratori è emigrata in America latina. Vanno in Svizzera 250 emigranti.”.
L’arrivo delle tessiture. Nel 1927 la ditta ‘Luigi Feloj’, “ove si tesseva prevalentemente seta naturale per fabbricare stoffa per cravatte, ombrelli e fodere per cappelli”.
1943-45. ITALIANITA’ – Lo stretto vincolo tra Italia e Svizzera (italiana) che si manifestò negli anni 1943-45 va al di là della prossimità geografica e trova riscontro nelle parole dei tanti personaggi illustri che attraversarono il confine dopo l’8 settembre: Giulio Einaudi a Edda Ciano, alla famiglia De Benedetti (i figli Carlo e Franco frequentarono le scuole pubbliche a Lucerna)…La Svizzera italiana si spinse ai limiti estremi delle leggi che governavano l’accoglimento dei rifugiati e nel caso irripetibile della Repubblica dell’Ossola fecero ancora di più.
Autonomia amministrativa. Dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948 (404 voti alla DC, 351 alle ‘sinistre’) Bulgarograsso si pose l’obiettivo di riconquistare la perduta autonomia che ottenne il 23 aprile 1950. Gli anni Cinquanta-Settanta sono quelli del ‘miracolo economico’ di Bulgarograsso: telai in quasi tutte le case e un fiorire di fabbriche. Oltre alla propria occupazione quasi tutti avevano una piccola stalla da accudire e campi da coltivare. E qualche ‘spallone’ contrabbandava anche sigarette dalla Svizzera! D’altra parte un pacchetto di Marlboro in Svizzera costava 180 lire, mentre in Italia lo si pagava più del doppio. Bricolle’ sulle spalle piene di ‘bionde’ attraversarono il confine con la ‘merce’ (anche caffè e zucchero) che veniva depositata nei nostri paesi per poi indirizzarla verso il mercato milanese. Bulgarograsso entrò nel gioco del contrabbando.
Il ‘miracolo economico’. Quattro erano gli stabilimenti industriali attivi nel secondo dopoguerra: la Tessitura Imperiali; la Stamperia a mano Ratti; la tessitura Morandi e Gerli che occupava 500 dipendenti. Seguivano, la tessitura Romanatti, Baratelli, la Clerici tessuti e, negli Anni Sessanta, aprirono le ditte Terzaghi e Guffanti, oltre alla tessitura Riva.
1953 – In occasione delle elezioni politiche, arrivarono in Comune alcune lettere del senatore Mario Martinelli che assicurava contributi finanziari per la rete fognaria e il nuovo acquedotto.
1961 – Il censimento, eseguito in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, fotografò la seguente situazione:“L’industria tessile assorbe la quasi totalità della manodopera. L’agricoltura (patate, frumento) e l’allevamento di bovini sono risorse secondarie”.
L’emigrazione dalla Valtellina: i Baitieri
Un fenomeno significativo del tempo fu la massiccia emigrazione dalla Valtellina. Le nuove famiglie portavano i cognomi di Sala, Pini, Carnini, Cusini, Baitieri e provenivano in particolare da Grosio e Grossotto. Cominciavano a mancare le braccia per i campi, tant’è che la maggior parte erano diventati dei prati. Il motore primario di queste famiglie di emigranti erano le donne che accudivano non solo i figli e i vecchi, ma lavoravano nei campi e davano da mangiare alle bestie nelle stalle. I mariti, invece, lavoravano come muratori in loco oppure stagionali in Svizzera, e rimanevano assenti per mesi. La storia della famiglia Baitieri ha inizio negli Anni Venti del Novecento, quando Bernardo e Apollonia Curti, novelli sposi, partono da Grosio per giungere a Bulgarograsso. Saranno proprio questi ultimi a iniziare l’attività agricola: partendo con due mucche, un asino,e tanta dedizione, spirito di sacrificio e buona gestione finanziaria riusciranno a gettare le fondamenta dell’attuale azienda leader oggi nel comasco.
Il nuovo Municipio.
Nel 2017, il ‘decreto Bellezza’ assegnò al Comune un finanziamento a fondo perduto di un milione di euro per la valorizzazione della collina di Sant’Anna. Non sono ancora arrivati nel 2021, ma la speranza è l’ultima a morire, anche se una popolazione di 4mila abitanti sembrerebbe insufficiente a sostenere una spesa edificatoria pari a 5 milioni di euro.
FOTO – la Chiesa di S. Anna con accanto, da una parte il torrente Lura, dall’altra quello che resta della grangia benedettina del XII secolo. L’intera collina oggi di proprietà comunale potrebbe diventare la sede del nuovo municipio