TURBIGO – Negli anni Cinquanta-Sessanta ogni paese aveva i suoi ‘matti’ che cercava in gestire in qualche modo. Mario Tobino li ha descritti da par suo come ne ‘Le libere donne di Magliano’ (1953). Anche Turbigo ha avuto i suoi: il ‘Gigi Matt’, ‘La lampadina’ ‘eroi’ del tempo che fu.
Tra la montagna di carta che siamo intenti a ‘seppellire’ abbiamo rinvenuto uno stelloncino, pubblicato sul periodico della Parrocchia, fondato da don Lino Beretta, nei primi anni Sessanta, riguardante proprio la ‘Lampadina’ che riproponiamo qui sotto:
“Era una figura caratteristica, un personaggio celebre, tanto era conosciuto da grandi e piccini. Viveva in una stanza al terzo piano della ‘Corte Fabbrica’, ma in pratica era di casa un po’ da tutti. Maria si chiamava e mentre il cognome si era perso nella notte dei tempi, vivo è rimasto nella memoria di tutti l’appellativo di ‘Lampadina’. Perché le avessero dato quel soprannome non si sa, certo però era sufficiente una sbirciatina non del tutto ingenua ad un lampadario in sua presenza, per provocare una reazione violenta e un fiume di parole non ripetibili.
Povera Maria, viveva alla giornata, fidando nel buon cuore del prossimo che in fondo le voleva bene, anche se qualche volta a noi ragazzi impertinenti scappava detto: ‘Toh, si è bruciata la lampadina’. Non c’era però cattiveria anche perché ci raccontava favole chilometriche e da brividi. Era la prestazione più apprezzata dalle mamme che ci vedevano tranquilli per qualche ora.
‘C’era una volta…’ Maria iniziava senza farsi pregare e raccontava sottolineando con una mimica perfetta i punti più tremendi, creando un’atmosfera da suspence. Se ne andava in giro con due o anche tre giubbetti e altrettante gonne, perché aveva sempre freddo, la caldarina in alluminio per la minestra e si accontentava di poco pan giald. L’unica passione era per l’olio di ricino. Ne sapeva qualche cosa il farmacista di allora :’Tanto olio per la Maria, abbastanza per lubrificare un’armeria’.
E’ passata in questo mondo anche lei con le sue fiabe, le sue geremiadi, i suo viso scavato e pallido con gli occhi grandi che guardavano lontano e ora riposa nella pace del nostro cimitero”.
FOTO La Curt fabrica