TURBIGO – Nel lontano maggio 1982, mentre eravamo intenti a raccogliere le memorie del ‘Lisa’ sulla nascita dell’Unione Sportiva Turbighese, nei lunghi pomeriggi al Centro Anziani il settantenne turbighese si mise a parlare del ‘Carlin’:
“Nei primi anni del fascismo era stato chiamato con Carrà e Manzù a partecipare ad una Commissione milanese che aveva l’onere e l’onore di assegnare un premio. Non condivise la scelta dei suoi colleghi e da questa contrarietà scaturì l’abbandono del mondo milanese che aveva frequentato per anni. Si ritirò a Turbigo e cominciò a costruire la ‘Selvaggia’ a sua immagine e somiglianza, con un solo muratore di Castano e lui che faceva il manovale e l’architetto. Diceva ai suoi amici che campava con un litro di latte al giorno.
Nel 1936 venne incaricato di realizzare un busto in bronzo del Duce che sarebbe stato murato nella Casa del Fascio (foto). All’inaugurazione la gente non lo riconobbe e il ‘Carlin’ disse di aver ritratto l’uomo che aveva conosciuto in trincea durante la prima guerra mondiale, lasciando chiaramente intendere che non era più lo stesso.
Da questo fatto nacque la frase che il ‘Carlin’ ha lasciato scritto all’entrata della sua abitazione: “La Selvaggia, intenda chi può – altezza l.m. 25.000 m”, frase polemica che rappresenta una sorta di risposta ai tanti fascisti turbighesi in merito alla mancata somiglianza con il faccione del Duce”.
Di tale fusione in bronzo, della quale non c’è nemmeno una foto se non quella che pubblichiamo, si sa soltanto che il 26 aprile 1945 fu ‘buttata giù’, caricata su una carriola da un certo Garavaglia i cui eredi, probabilmente, la conservano ancora.
Nel secondo dopoguerra gli amici Carrà e Manzù erano di casa alla ‘Selvaggia’ e il ‘Lisa’(alias Baga Giovanni Luigi nato a Turbigo il 29 dicembre 1912) quarant’anni fa chiuse il suo racconto sul ‘Carlin’ dicendoci che possedeva le foto di quando Silvana Mangano venne a trovarlo a Turbigo.