Derivata sulla riva destra del Ticino, mediante una filarola, in località Campo dei Fiori, l’acqua vi ritorna poi, con una portata praticamente azzerata, nella lanca che fa da carico al Naviglio Langosco.
Scavata anteriormente al XIV secolo, la ‘cavata d’acqua’ era regolata da una patente dell’8 giugno 1493 di Gian Galeazzo Maria Sforza per una competenza di 28 rodiggi (17,4 mc/sec). A quel tempo Gian Galeazzo (1351-1402) deteneva la Signoria di Milano e il territorio della riva destra del Ticino era nella sua orbita.
Nella sua storia secolare la roggia ha subito diverse modifiche del tracciato originario, ma ha sempre irrigato e fatto ruotare pale di mulini, impianti di forza motrice. Lungo l’arteria principale ha alimentato per cinquant’anni (1934-1990) la centrale idrovora-elettrica ‘Giovanni Bronzini – agricoltore’, uno storico impianto ‘reversibile’ capace di irrigare i pianori alti del territorio oleggese d’estate e di produrre energia elettrica d’inverno.
“Bisogna sposare il sole con l’acqua poiché solo in questa unione uscirà garantita e moltiplicata la fecondità della terra italiana”. Con queste parole, contenute in un telegramma del settembre 1928, Mussolini esprimeva il suo compiacimento al progetto di irrigazione dell’agro oleggese, comprendente l’impianto di sollevamento dell’acqua della roggia molinara per l’irrigazione dell’altopiano asciutto oleggese.
L’idea di utilizzare l’energia piezometrica posseduta dall’acqua ad un certo livello (da qui la vasca di carico sopraelevata allora esistente, alimentata dalle acque della roggia), allo scopo di irrigare i gradoni di quota 200 e 215, fu resa possibile montando sull’asse turbina-generatorte due pompe con prestazioni diverse le quali, trascinate in rotazione dalla turbina, aspiravano l’acqua della vasca di carico e la pompavano nelle vasche di distribuzione dei terreni sovrastanti. La centrale originaria, dopo la costruzione nel 1998 di un nuovo impianto adiacente al precedente è stata dismessa pur mantenendo intatto il complesso originario a futura memoria.
Il primitivo progetto di tale impianto si deve all’ingegnere Francesco Bronzini (1881-1966) il quale da oleggese doc risolse il problema del padre agricoltore che aveva sempre avuto difficoltà nell’irrigare i propri campi. Ma l’ingegner Bronzini non risolse solo il problema del padre, fu un grande costruttore di impianti per la produzione di energia elettrica ed ebbe rapporti professionali con il ‘Numero Uno’ dell’epoca: l’ingegner Angelo Omodeo. Per tali ragioni – una ventina di anni fa – il Comune ne ha riscoperto la figura e l’opera dedicandogli un ‘largo’ oltre a ‘fare memoria’ con un volume pubblicato da ‘Interlinea edizioni’ di Novara, curato nella sua realizzazione dall’ingegner Giuseppe Frego, già capo centrale della grande centrale termoelettrica di Turbigo.