TURBIGO. Credo sia stato il primo fotografo, per passione, in paese. Mi dissero che lavorava in centrale e abitava in vicolo 3 Giugno 1859. Ricordo solamente che attorno agli anni Ottanta mi chiamò un Signore (forse era il figlio del fotografo Belloni che ci ha lasciato in questi gironi all’età di 88 anni) dicendomi di aver rinvenuto molti negativi in bianco e nero delle foto scattate dal padre durante il Ventennio e anche dopo e che – ben sapendo quanto fossi appassionato – me le voleva regalare. E così fu. I negativi erano divisi per argomento e tenuti insieme da un cartoncino marrone chiaro, ripiegato sui quattro lati, che riportava le scritte realizzate con un lapis. Stampai le foto e trovai le immagini di un mondo che non avevo vissuto: come quella che pubblichiamo dove una donna sta lavando – poggiando le ginocchia sull’asse – sulla riva destra del Naviglio in corrispondenza della Vecchia Dogana, accanto ad un cancello che c’è ancora. Lì, allora ci abitavano diverse famiglie e il fabbricato era su due piani.
In seguito pubblicai una parte consistente delle foto così ottenute nel volume ‘Vecchie Immagini turbighesi’, un’opera che registra il passaggio tra la civiltà contadina e quella industriale. Una raccolta di immagini che è stata ampliata e aggiornata recentemente con le foto degli ultimi trent’anni e che è possibile visionare alla Festa d’in Giò.