TURBIGO. Le tasse nei tempi antichi le pagavano in pochi. Un po’ come oggi. Secolari privilegi ed esenzioni riguardavano le casate nobiliari (che si costruirono ‘ville di delizia’) e gli enti religiosi (abbazie) per cui le resistenze contro il potere reale furono notevoli. Il progetto di una riforma fiscale per i territori del Ducato di Milano cominciò ad essere elaborato all’indomani del passaggio al dominio spagnolo a quello austriaco. Nel 1719 l’imperatore Carlo VI insediò la Giunta del Censimento che avrebbe dovuto effettuare una stima del valore catastale di fondi e edifici. Nonostante gli ostacoli frapposti nei confronti della nuova opera censuaria, la Real Giunta passò sopra a tutto ed arrivò alla stesura dei Registri Catastali per tutte le comunità del Ducato contenenti l’elenco dei rispettivi proprietari e la descrizione dei terreni tramite un numero di mappa. E’ da questi Registri che abbiamo saputo che, nel 1722, a Turbigo, c’erano solamente 40 case in paese più altre quattro sparse sul territorio.
La riforma fu varata nel 1755 ed entrò in vigore cinque anni dopo. Chiave del successo del nuovo fisco fu il rinnovo della struttura amministrativa, in modo che chi deteneva il potere economico all’interno della Comunità fosse obbligato a impegnarsi nel Governo della stessa e a garantire il rispetto delle leggi di fronte al governo centrale.
A livello locale la legge affidava ad una Giunta di cinque persone la gestione delle imposte: tre deputati dell’Estimo, scelti dall’assemblea dei proprietari fondiari (Franco Gené, Giovanni Oriani, Carlo Mazzoni); un deputato degli iscritti al ‘ruolo mercimoniale’, ovvero dei commercianti (Antonio Aspesi); un deputato del ‘ruolo personale’, ossia dei residenti (Antonio Zuffinetti). Lo sappiamo da un documento conservato nell’Archivio Civico turbighese del 18 ottobre 1800 (ACT, cart. 31, cat. 5. Cl.8, fasc. 591) che tratta del testamento di Carlo Raffaele Borromeo in favore del suo pronipote Raffaele Costantino per il lascito delle sue sostanze e del rispettivo pagamento delle tasse.
Le spese locali per il custode dell’orologio, il sagrista, ecc., erano sostenute da tre imposte: una tassa ‘personale’ (che prevedeva l’esenzione dopo i 60 anni), una tassa sul commercio e l’ultima sulle case in affitto. Se non bastavano, nel senso che – per esempio – era necessaria la manutenzione del ponte sul Naviglio o per la ‘strada del Porto’si inventavano nuove tasse a livello locale.
DIDA: 1722 – Il territorio turbighese nel Catasto Teresiano (mappa messa a disposizione da Giorgio Calloni)
All’inizio del Settecento c’erano solamente 40 case a Turbigo…
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