Una delle novità introdotte dalla recente riforma Cartabia (di cui al D.Lgs n. 149/22) ha previsto espressamente la possibilità per le parti coinvolte nelle procedure contenziose di depositare un ricorso per la separazione dei coniugi che contempli al suo interno, fin da subito, anche la successiva domanda per lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili (divorzio), secondo un iter accelerato che prevede un solo procedimento per entrambe le procedure.
In breve: separazione e divorzio con un sol ricorso e un sol procedimento, e non già tramite la duplice procedura giudiziale caratterizzata dal deposito di un primo ricorso seguito dall’attesa dell’esito del relativo procedimento, del decorrere dei termini di legge, e, quindi, dal deposito di un secondo ricorso e da un secondo procedimento.
I contorni applicativi della riforma, tuttavia, si svelavano incerti e divisivi, tanto da esigere un intervento risolutore della Corte di Cassazione.
La questione al vaglio della Suprema Corte, se sfoltita di tecnicismi, appariva semplice: anche i coniugi in accordo tra loro – e cioè che intendano porre fine alla relazione in via consensuale e non già contenziosa – possono avvantaggiarsi di questa procedura unificata di separazione e contestuale domanda di divorzio?
Il dilemma, a ben vedere, traeva origine da un testo della riforma oggettivamente poco felice (art. 473 bis.47 e 473 bis.51). Infatti, colà si prevede espressamente l’ammissibilità di tale cumulo di domande per il giudizio contenzioso, ma nulla si precisa in ordine al procedimento in chiave consensuale. Così, fin dalla pubblicazione della novella diverse tra dottrina e giurisprudenza avevano sollevato molti dubbi in proposito. Si denotava, da un lato, l’assenza di un ragionevole motivo per proibire, nel silenzio della legge, la proposizione congiunta di separazione e divorzio anche nei giudizi consensuali, specie considerando la generale ratio accelerativa della riforma oltreché la preferenza che l’ordinamento ha sempre riconosciuto alle risoluzioni pacifiche rispetto a quelle di natura contenziosa. D’altro canto, però, orientamenti più rigorosi si appellavano ad aspetti tecnici altrettanto convincenti, fra cui di spicco il noto brocardo latino “ubi lez volut dixit, ubi noluit tacuit” [dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto] secondo cui, non avendo il normatore previsto il cumulo anche per i procedimenti consensuali, evidentemente ivi non l’ha voluto.
Nei mesi a seguire all’entrata in vigore della riforma, infatti, la penisola sul punto si era polarizzata: a favore dell’ammissibilità del cumulo, tra gli altri, i Tribunali di Genova (comunicazione del Presidente della Sezione Famiglia del 07.03.23), Milano (sentenza della Sez. IX, n. 3542 del 05.05.23), Vercelli (comunicazione della Presidenza del Tribunale del 15.03.23), Lamezia Terme (ordinanza della Sezione I del 13.05.23); in senso negativo, invece, i Tribunali di Bari (comunicazione del Presidente della Sezione I del 06.04.23), Padova (comunicazione della Presidenza del Tribunale del 07.04.23) e Firenze (sentenza n. 4458 del 15.05.2023).
Così, a risolvere la diatriba – quantomeno in chiave giurisprudenziale – è intervenuta la Corte nomofilattica con l’arresto Cass. Civ., Sez. I, 16.10.2023, n. 28727 (Pres. Genovese). Ivi la Suprema Corte, dopo aver sviscerato le ragioni dell’uno e dell’altro schieramento, ha statuito in favore dell’indirizzo che ammette il cumulo delle domande anche nei procedimenti attivati in via consensuale, in particolare valorizzando la pragmaticità di una siffatta interpretazione sotto il profilo della celerità e della economia processuale.
Colà, infatti, i Giudici di Piazza Cavour hanno affermato il seguente principio di diritto: “In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art.473-bis.51 c.p.c. [ovverosia consensuale, n.d.r.] è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
Anche i coniugi che addivengono a un’intesa, dunque, ben potranno beneficiare di tale meccanismo accelerativo composto da un unico ricorso e procedimento, bifasico, di separazione e divorzio.
Si aprono così le porte per un procedimento più snello, economico e rapido: il “divorzio ad alta velocità”.
Avv. Davide Pistone
Foro di Milano
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