Si prende a spunto il recente arresto di Cass. civ., Sez. I, ord. 07.05.24, n. 12282 per tornare a scrivere sul tema della gestione della prole tra genitori separati o divorziati.
Nel caso al vaglio della Suprema Corte, la madre chiedeva e otteneva, prima innanzi al Tribunale e poi alla Corte di Appello di Napoli, di essere autorizzata a trasferirsi, unitamente ai tre figli e al nuovo compagno, in una località distante diverse ore di viaggio dalla precedente loro residenza e, soprattutto, da quella paterna. La motivazione: una promettente offerta di lavoro. L’Autorità giudiziaria nel corso del processo interpellava due dei tre minori, che si dimostravano in effetti favorevoli al trasferimento, garantendo peraltro anche per il terzo minore, invece non ascoltato. La madre assicurava, inoltre, il proprio impegno a favorire gli incontri paterni, a scongiurare la sostituzione della figura paterna con quella del nuovo compagno, e a ricondurre il nucleo al precedente luogo di residenza in caso di manifestazioni di disagio da parte dei figli.
A tutto ciò si era opposto, tuttavia, il padre, lamentando come l’iniziativa non gli consentiva, in concreto, una costante e proficua frequentazione con la prole, dacché, peraltro, stante la notevole distanza tra le due località, le visite giornaliere potevano intendersi escluse. Per questo impugnava il provvedimento emesso dalla Corte partenopea, rimettendo la questione alla Corte di Cassazione.
Ebbene, in tal caso il consesso di Piazza Cavour dava conforto alle doglianze paterne, così statuendo: “Il primo motivo di ricorso è fondato in quanto il trasferimento dei tre figli in località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre non potrà non essere di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli, nonostante al primo sia stata riconosciuta la “facoltà di vederli e tenerli quando desidera“. Infatti, la Corte di merito non ha valutato quella considerevole distanza tra le due città che non consente frequentazioni giornaliere, se non della durata di poche ore, ma al contrario solo visite di più giorni, data la notevole durata del viaggio”.
In altre parole, gli ermellini hanno soppesato i divergenti interessi e, proprio nel superiore interesse della progenie, hanno ritenuto dover dare smalto al principio di bigenitorialità da intendersi quale proficua partecipazione di entrambi i genitori nella vita dei figli.
“Il trasferimento potrebbe configurare una violazione del diritto alla bigenitorialità”, tuonavano infatti i Giudici del palazzaccio.
Più nel dettaglio, e a ben vedere, la pronuncia in esame non ha escluso la possibilità che la madre ottenga il trasferimento nella nuova località, avendo rinviato il caso alla Corte di Appello Napoletana affinché lo riesamini sulla scorta di una istruttoria completa e, soprattutto, con una maggiore sensibilità rispetto al citato principio di diritto.
In ogni caso, la decisione risalta notevolmente in quanto si innesta in uno schema giurisprudenziale ove spesso i bisogni della prole di mantenere una stabilità sociale e affettiva, nonché i diritti del genitore non collocatario, si trovano piegati davanti alle pretese ed opportunità economico-personali del genitore collocatario. Difatti, pare complessivamente individuabile una maggiore attenzione della Magistratura per le esigenze di vita del genitore collocatario, a discapito, inevitabilmente, di quelle degli altri soggetti coinvolti, minori in primis (tra le diverse Cass. 5604/2020, Cass. 4796/2022, Cass. 21055/2022). Il tutto all’interno di un contenzioso ove, in ogni caso, la serietà delle ambizioni del genitore collocatario, l’effettiva distanza rispetto al precedente luogo di residenza, l’opinione e il contesto socio-affettivo dei minori, nonché le speranze del genitore non collocatario e del contesto parentale tutto, giocano comunque un ruolo chiave all’interno dell’opera di valutazione del singolo caso concreto.
Corbetta, 1 luglio 2024.
Avv. Davide Pistone
Foro di Milano