Fedele lettore de ‘Il Giornale’ dal primo numero (1974), ho raccolto in questi ultimi cinquant’anni gli articoli pubblicati che hanno acceso il mio interesse, cosa sempre più difficile di questi tempi. Ora, giunto ad una certa età ed avendo del tempo a disposizione, sono andato a ricercarli e prima di inserirli nel ‘raccoglitore della carta’ e portarli all’ecocentro, mi sono messo a rimuginare il passato, poco alla volta, dando un titolo ad ogni ‘step’. Il primo è dedicato a Leonardo Sciascia.
1 – “C’è del ‘nero’ nel nostro futuro” è il titolo di un’intervista che Egidio Sterpa fece al grande intellettuale ‘disorganico’ che fu pubblicata il 30 novembre 1977. Si chiude con le parole che hanno dato il titolo all’intervista: “C’è del ‘nero’ nel nostro futuro”.
2 – Una volta all’anno Leonardo Sciascia pendeva il treno a Palermo e saliva verso il Nord per andare a trascorrere una settimana a Parigi (i libri vecchi, le stampe…erano le sue passioni). Al ritorno scendeva a Milano, prendeva alloggio in un albergo di Via Santo Spirito e incontrava il suo amico Egidio Sterpa per quattro chiacchiere sul momento storico e politico. In questa intervista del 1978 interpellato in proposito sul fatto che scrivesse poco sui giornali disse: “Ne voglio poco di denaro, non voglio abituarmi ad averne molto” e, sulla situazione politico-sociale, disse: “Questa società è assolutamente marcia, non funziona più niente e soprattutto non funziona la giustizia. Ora , a questo punto, o tutto crolla e si comincia da capo, oppure si andrà avanti suscitando l’antico conformismo degli italiani, insomma l’antico fascismo italiano”.
3 – Il siciliano Leonardo Sciascia si spense il 20 novembre 1989, dopo una lunga malattia. Tre giorni alla settimana doveva sottoporsi alla dialisi, ma lavorò – battendo con il solo dito medio della mano destra – su una piccola macchina portatile fino alla fine. Montanelli – su il Giornale del 21 novembre 1989 – lo ricordò come ‘scrittore eretico’, il solo a cui riconoscere l’appellativo di ‘grande’. Scrisse: “Una volta chiesi ad un suo compaesano, che sicuramente se ne intendeva, come mai la mafia consentiva a Sciascia di continuare a denunciare pubblicamente fatti e misfatti. Risposta: “Perché la mafia sa distinguere gli uomini dai quacquaracquà. E Sciascia anche se nemico sempre uomo di rispetto è”.
Sempre nello stesso giorno, in ‘Terzapagina’ Sciascia viene ricordato da Geno Pampaloni e Gesualdo Bufalino. Di quest’ultimo sono le parole che seguono introdotte da una lettera che ricevette il 16 aprile 1989:”Carissimo Dino, nell’estrema debolezza in cui sono caduto, il parlare al telefono mi dà emozione e confusione. Ti scrivo dunque per farmi vivo (?!) Curiosamente coi miei pensieri mi pare di fare la punta a una matita sempre più sottile, sempre più acuta, ma che non serve (…).
Scriveva così alla vigilia di un viaggio che si accingeva a compiere al Nord, per una conferma della presentita sentenza. I mesi che seguirono sono stati di routine, fra speranze e disinganni, tutta la solita battaglia combattuta senza crederci, da ironico cavaliere, per puro dovere di solidarietà verso chi gli voleva bene e non si rassegnava a vederlo consumarsi così (…) I mesi finali furono di penosa commedia, come accade: noi a fingere di credere che potesse guarire, lui a fingere di non accorgersi che fingevamo. Sino all’ora presente del sipario che cala. (…) Oggi a noi, come accadeva a lui stesso nelle ultime scansioni di questo epilogo doloroso, vengono più facilmente lacrime che parole.