Tempo fa raccogliemmo le memorie di Emilia Masé, che visse gli ‘anni di Piombo’ a Milano ed era figlia dell’ingegnere milanese Luigi (Gino) (1899-1970), che acquistò la ‘cascina Rossa’ a Robecchetto nel 1936, una casa di campagna frequentata da personaggi importanti da Giangiacomo Feltrinelli a Gianni Brera. Qui ripubblichiamo solamente la parte riguardante il Giangi diventato famoso nell’ambito famigliare perché sgranocchiava le pannocchie crude nei campi.
Sprofondata nel bosco di querce e pruni, dove si innalzano alti pini silvestri, la cascina Rossa o del Ronco è una presenza antichissima. Attraversata longitudinalmente dalla Traversagnetta, che delimitava il territorio di Robecchetto da quello di Malvaglio, l’antico tratturo si dirigeva in linea retta al ponte medievale (1274) del quale è stato rinvenuto recentemente il palificato da Giovanni Brusatori. Antico luogo di transito di contrabbandieri, durante l’Imperial Regio Governo, oggi – dal punto di vista della toponomastica locale – è catalogata come casa isolata n.13 della frazione di Malvaglio del Comune di Robecchetto con Induno, così come risulta da una targhetta in lamiera smaltata bianca posta all’ingresso dell’abitazione.
Nell’incontro di una decina di anni fa con Emilia Masè – per tanti anni consigliere comunale – avevamo raccolto e pubblicato le vicende che avevano accompagnato la sua infanzia in quella che era la casa di campagna di famiglia. Difatti, il padre, l’ingegnere Luigi Masè, appassionato cacciatore giunse qui da Milano nel 1936 per partecipare ad una battuta di caccia e vista la casa – che allora apparteneva alla famiglia De Dionigi – l’acquistò e vi insediò un guardiacaccia che doveva tenere in ordine la riserva per i suoi amici locali, ma soprattutto quelli milanesi, come il grande Gianni Brera e Giangiacomo (Giangi) Feltrinelli. Quest’ultimo forse, proprio perchè frequentava le nostre contrade, non fu estraneo all’azione terroristica del 13 ottobre 1963 che portò all’abbattimento con tritolo di un traliccio dell’Enel (130 KV) nel territorio robecchettese.
D’altra parte la vita breve di Giangi (1926-1972) si chiuse – una decina di anni dopo – sotto un altro traliccio ad alta tensione, quello di Segrate, sempre a causa del tritolo. Erano gli ‘anni di Piombo’ durante i quali Giangi aveva fondato i Gruppi Armati Proletari’ (GAP), una delle prime organizzazioni armate della sinistra, all’interno della quale prese il nome di battaglia Osvaldo con il quale intendeva combattere il capitalismo imperante.
I FELTRINELLI. A Gargnano del Garda il capostipite Giacomo – rampollo di una famiglia d’immigrati napoletani – aveva fatto fortuna commerciando in legnami. Per soddisfare la richiesta crescente il fondatore della dinastia aveva acquistato sterminati boschi in Carinzia dai quali traeva il legname necessario alla guerra in fieri. Giacomo morì nel 1913 a Milano, dove si era trasferito e dove era ritenuto uno degli uomini più ricchi della città. Senza eredi la sua fortuna passò al figlio di un fratello, Carlo, che divenne un numero uno della finanza milanese. Divenne presidente dell’Edison, proprietario di una banca e via dicendo, ma poi – durante il fascismo – la fortuna cambiò di segno. Esautorato da tutte le cariche pubbliche stese di suo pugno il testamento e si uccise ingoiando un potente veleno.
Giangi, nato nel 1926, non aveva ancora dieci anni quando il padre si uccise e passò l’infanzia e l’adolescenza con Giannalisa Gianzana, una ‘mamma di ghiaccio’ che si risposò nel 1941 con il giornalista Luigi Barzini jr. Passò dal fascismo all’antifascismo e, nel dopoguerra, fondò l’istituto Feltrinelli per la storia del movimento operaio e, quqlche nano dopo (1955) avviò la casa editrice che incappò in un grande colpo di fortuna dal titolo: Il dottor Zivago di Boris Pasternak. La pubblicazione della Feltrinelli vendette 7 milioni di copie in tutto il mondo e valse il Nobel all’autore, ma i ‘diritti d’autore’ se li tenne Giangi per continuare la sua ‘battaglia’ contro il capitalismo. Oggi, 10 luglio 2024, sul ‘Corriere’ c’è un lungo articolo di Milena Gabanelli che racconta quanto contiene il caveau della Fondazione Feltrinelli, tra cui il dattiloscritto del dottor Zivago e i cablogramma del KGB per impedirne ka pubblicazione.
IL PARTIGIANO ‘OSVALDO’. Durante il nostro peregrinare, durato una vita, abbiamo incontrato il partigiano Osvaldo (alias Giangiacomo Feltrinelli), in un altro contesto, lontano dalla cascina Rossa di Robecchetto. Ricercato dalla Magistratura negli ’anni di Piombo’, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, il miliardario-guerrigliero, cercò ospitalità a Casa Rastelli a Roccapietra, in Valsesia (GIUSEPPE LEONI, Su quella che fu la Resistenza, pag. 83, 2014) e la trovò per i meriti acquisiti sul campo.
DIDA: Emilia Masè alla cascina Rossa, edificata nel 1765 probabilmente come postazione doganale del confine del Lombardo-Veneto