“Questo solo sappiamo – ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Altro famoso verso che la dice lunga su quello che fu il Poeta, premio Nobel dopo Giosué Carducci (1906), Grazia Deledda (1926), Luigi Pirandello (1931), Salvatore Quasimodo (1959) e Eugenio Montale (1975).
“Sono qui perché ho scritto poesie” fu l’incipit del discorso di Eugenio Montale all’Accademia di Svezia il 23 dicembre 1975: “La poesia è un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Tutte le arti visuali stanno democratizzandosi: è una produzione di oggetti di consumo da buttarsi via in attesa di una nuova era”.
Senatore a vita gli scrissi mentre ero intento a preparare la tesi di laurea su un personaggio che pensavo avesse conosciuto. Era il 29 ottobre 1976 e inviai la missiva al Senato della Repubblica:
“I giornali hanno onorato e festeggiato giustamente il poeta e l’uomo nell’ottobre ’75 per l’assegnazione del Nobel e nell’ottobre 1926 per gli ottant’anni. Ho avuto così l’occasione di conoscere la vostra storia. Ho saputo, ad esempio, che nel 1927 eravate a Firenze con un impiego presso la casa editrice Bemporad.
Sono uno studente della Facoltà di Magistero, Corso di Laurea in Sociologia presso l’Università degli Studi di Urbino e intento all’elaborazione della tesi sulla figura di Ezio Maria Gray (e della moglie Teresah, alias Ubertis Corinne) che in quel periodo abitavano a Firenze, intenti a pubblicare i loro scritti alla casa editrice Bemporad. Probabilmente vi siete conosciuti e mi sarebbe utile un vostro giudizio su questo personaggio misconosciuto che ha pubblicato moltissimi libri durante il Ventennio”.
Montale rispose con poche parole scritte su un bigliettino da visita che qui pubblichiamo.
DIDA Il biglietto da visita ricevuto da Eugenio Montale; Eugenio Montale sul letto di morte, opera di Luciano Minguzzi, pubblicato dal ‘Corriere’ il 14 novembre 1981