Era nato nell’Agordino (Belluno) ed è morto a Milano a 66 anni (1972). Pochi anni prima aveva sposato una ventenne, a documentare quella che era la sua voglia di vivere. Era entrato al ‘Corriere’ (1928) per concorso e fu per anni il collega di Indro Montanelli che lo descrive come un uomo buono e apprensivo. Si aspettava sempre che gli succedesse qualcosa: l’inquietudine fu uno stato naturale della sua vita. Buzzati, al tempo in cui dirigeva la ‘Domenica del Corriere’, insistette affinché Montanelli scrivesse la ‘storia romana’ che aprì poi la strada a quella ‘Storia d’Italia’ che fu un grande successo editoriale. Fu ancora con Buzzati che Montanelli mise a punto il progetto che portò alla fondazione de ‘Il Giornale’. Martedì 30 luglio 1974, in un fondo, Indro omaggia il suo amico pubblicando un racconto e ricorda l’ultima passeggiata a Cortina:
“Era già malatissimo, ma non voleva dirlo. Preferiva far finta di credere a ciò che dicevano i medici, che parlavano come certi personaggi dei suoi racconti, per sfumate allusioni, che volendo infondere fiducia…mettevano i brividi nelle ossa per quel che tacevano. Oggi pubblichiamo con affetto e orgoglio una sua pagina segreta: per dimostrare quanto Buzzati sia nostro, e sia vivo in noi, e noi in lui”.
Su Youtube c’è una certa Martina che ne racconta la storia letteraria, noi quella di giornalista utilizzando alcuni stralci di giornali di cinquant’anni fa. Scrive Buzzati: “Ci sono persone che non ottengono quando scrivono gli stessi brillanti risultati delle scienze (archeologia, antropologia, ecc.) di cui sono adepti. Il che è facilmente spiegabile in quanto quello del giornalista è pur sempre un mestiere. Che ha le sue regole. Regole che vanno imparate con il lavoro continuo e costante di anni e anni. Regole che anche per quanto riguarda l’attività di scrittore la stimolano e la rafforzano”.
L’ORDINE DI PARTENZA
Quello della morte è un tema molto utilizzato in letteratura, ma per Buzzati fu un pensiero fisso fin dalla gioventù: un’ossessione che si trova in tutti i suoi scritti. Non la morte soltanto, ma il suo arrivo come notizia al cervello del condannato. Da qui l’eterna disputa se il medico debba dire la verità a chi muore o ingannarlo. La prima soluzione prevale e Buzzati traspose in parole l’esperienza di chi ha accolto l’annuncio della fine irrevocabile (la sua). Ne parleremo nella seconda puntata.
1 – continua
DIDA ‘Romantica’, china di Dino Buzzati, e il giornalista-artista accanto a una sua tela (da ‘Il Giornale’ del 12 marzo 1998)