TURBIGO – Domenica scorsa a Peppino Sartorelli è stato consegnato un riconoscimento per i suoi 90 anni, tutti vissuti lavorando in paese, tra Via Matteotti e Via Fredda. Lo abbiamo ‘fermato’ insieme alla sua famiglia (nella foto qui pubblicata) e riproponiamo l’intervista che abbiamo raccolto nel 2001 (pubblicata su ‘Città Oggi’) nella quale marcava i nomi di coloro che allora avevano la rivendita (come si chiamava allora): l’Isidoro, il Cormanni e l’Azzimonti.
20 OTTOBRE 2001 – La foto pubblicata in occasione dell’addio alla Delia ci aveva dato motivo di ‘cicciarare un ciccinin’ con Giuseppe Sartorelli (detto Peppino), nato in via Fredda, 7, al quale avevamo chiesto quale fosse stata la Rivendita di giornali e tabacchi più vecchia del paese. E così il Nostro, di solito così schivo e poco propenso ad intrattenersi con i clienti, ha iniziato a raccontarci la sua storia. Non solo, ma ci ha anche mostrato il contratto di affitto di una licenza (che era stata assegnata dallo Stato ad un grande invalido di guerra di Carate Brianza, Carlo Ventura) del 1937 siglato dal padre. Non ci ha saputo dire l’origine del soprannome – Al Polidor– che ci risulta presente anche a Robecchetto.
“Negli anni Cinquanta a Turbigo c’erano solamente tre Rivendite di Monopoli dello Stato: la prima era dell’Isidoro (con il negozio di via Roma, adiacente all’osteria-trattoria Chef, detto anche ‘Tri basei’) che portava sempre un camice nero ed aveva costantemente un antico toscano in bocca; la seconda di Gaetano Cormanni (tabaccheria, salumeria) in via XXV aprile; la terza dell’Azzimonti, in via Fredda, posta di fronte all’attuale negozio di parrucchiere”.
Come iniziò l’attività commerciale?
Nel 1937 l’Azzimonti aveva rinunciato alla licenza per la Rivendita di generi di monopolio (Sali e Tabacchi) e il concorso pubblico che ne seguì l’assegnò a Carlo Ventura di Carate Brianza il quale l’affittò a mio padre, Giovanni (detto Togn), mutilato di guerra.
Il primo negozio era a pochi passi da qui, proprio davanti all’Asilo, nell’area attualmente ristrutturata angolo via Fredda, via Matteotti. Nel 1941 il negozio fu spostato nelle case del Valli, sempre lungo la via Matteotti. Nel 1950 acquistammo la casa di via Fredda (ampliata e ristrutturata nel 1970), dove abbiamo attualmente sia il negozio che l’abitazione.
Quanti giornali si vendevano allora?
Negli anni Cinquanta si vendevamo una sessantina di quotidiani. Non c’era il distributore e andavamo noi a ritirarli – in bicicletta – dal Pianezza di Busto Arsizio.
Quando ha preso in mano le redini del negozio dal padre?
Negli anni Sessanta. Si apriva (e si apre ancora oggi) il negozio alle 6.30 e con orario continuato si arriva alle 19.30, puntuali (Recentemente è stata introdotta una chiusura pomeridiana di qualche ora, ndr). Tutti i giorni, con l’esclusione del turno di riposo domenicale, ogni 15 giorni. Ancora una decina di anni fa i clienti passavano a ritirare il giornale prima di andare a lavorare, mentre oggi arrivano più tardi. Allora si vendevano più quotidiani di oggi (circa 150 copie), anche perché adesso ci sono più ‘illustrati’ al punto che sono arrivato a contare più di mille testate con un lavoro di conta dei resi non indifferente.
Ricordando la Delia abbiamo scritto che la gente si fermava volentieri a scambiare quattro parole sui fatti del giorno, diversamente da Lei che è sempre sbrigativo…
La posizione del mio negozio è diversa. In via Allea ci sono i parcheggi, mentre in via Fredda no, per cui bisogna servire in fretta i clienti in modo da liberare i pochi posti che ci sono, proprio per facilitare l’ingresso degli altri in negozio…
Lei c’è sempre meno in negozio?
Adesso sono un pensionato a disposizione dei miei figli (Giulia e Giancarlo) ai quali ho affidato la gestione della licenza per tabacchi, giornali, profumeria, cancelleria. E’ un negozio di terza generazione, uno dei più vecchi di Turbigo e per me è un motivo d’orgoglio.
Peppino Sartorelli, classe 1925, chiude qui il suo incontro con il cronista, con una certa fretta, com’è nel suo stile, convinto di averci dedicato fin troppo tempo, un riflesso condizionato del quotidiano impegno della sua vita felicemente trascorsa in via Fredda tra giornali e sigarette, con un interesse preminente – da quello che abbiamo potuto vedere dalle testate posate sul tavolo della sala – per la “Gazzetta” e “Tuttosport”.