ROBECCHETTO CON INDUNO – Chi ha occasione di passare sotto le coste di Malvaglio – in direzione di Turbigo – vede lo stato in cui è ridotto il Padregnano, certamente la presenza più antica della riva sinistra del Ticino. Fu la sede di un ordine monastico (priorato fruttuariense) per almeno un secolo, la cui istituzione avvenne poco dopo quella delle presenze più antiche dell’area prealpina (Cairate, Torba). Padregnano lo scoprimmo trent’anni fa, quando un giovane studioso, Alfredo Lucioni (poi diventato professore universitario), venne a cercarci per sapere dove fosse quel toponimo che aveva conosciuto solamente consultando antichi documenti. Era un sabato pomeriggio e davanti a quella che era la facciata del tempo (nella foto) e ci raccontò la storia del monastero che in seguito sarebbe stata condensata in un lungo saggio pubblicato sull’Archivio Storico Lombardo nel 1990.
LA STORIA – L’abate Guglielmo di Volpiano (962-1031), educato nell’ambiente cluniacense, fondò a Fruttuaria (diocesi di Ivrea) poco dopo il Mille, l’abbazia di San Benigno, destinata a diventare un polo di irradiazione dei principi di riforma monastica al punto che, nel XIII secolo, dipendevano dall’abbazia (all’abate competeva la nomina dei priori) un centinaio di monasteri (priorati e prepositure) e una molteplicità di cappelle. Papa Anastasio IV, il 6 aprile 1154 confermò a Frutturia il possesso di varie chiese in numerose diocesi dell’Italia settentrionale, accanto alle quali si erano costituiti insediamenti monastici. Nel 1197, al monastero di Voltorre, posto sul lago di Varese, fu attribuito il priorato, ormai in rovina, di San Nicolao di Padregnano e il suo intero patrimonio fondiario, ottenendo in cambio che Voltorre si accollasse il pagamento degli ingenti debiti di San Nicolao. Contemporaneamente il priore di Voltorre assunse il ruolo – ricoperto fino ad allora da quello di Padregnano – di vicario dell’abate fruttuariense per i monasteri dell’ordine collocati a oriente del corso del Ticino e fino al mare Adriatico.
Nel 1519 Alessandro Sforza iniziò le trattative per cedere il priorato di Voltorre ai Canonici Lateranensi, insediati presso la chiesa di S. Maria della Passione a Milano (la Passione di Maria è l’iconografia di due affreschi identici: uno si trova a Voltorre e l’altro in una casa della Padregnana-ex casa Castiglioni).
Con il passaggio ai Lateranensi (ordine di chierici viventi vita comune seguendo la regola agostiniana) terminò la fase monastica benedettina. Voltorre si trasformò in un’azienda agricola, come già era avvenuto a Padregnano tre secoli prima. Poi la soppressione di fine Settecento, come successe anche al convento degli Agostiniani Scalzi di Turbigo, dopodiché il patrimonio del convento e addirittura la chiesa furono venduti a privati.