La vita al confino, condannato al soggiorno obbligato a Brancaleone Calabro (per aver cercato di proteggere la donna amata militante del PCI), la scoperta di un’altra Italia da parte di un settentrionale. Quella di Pavese in Il Carcere, é un’esperienza di vita raccontata in terza persona. Quella di un uomo, un intellettuale, coinvolto quasi suo malgrado nella vita politica.
Un anno così diverso dalla sua vita, dal suo mondo piemontese, non fu senza conseguenze nella sua opera. Pavese, comunque, aveva già vissuto esperienze fondamentali quali quella di scoprire che la donna per cui era stato confinato non lo ricambiava pienamente.. Questo suo è un racconto di privata solitudine che lo fa crescere: “Questo non é fantasticare ma conoscere; conoscere che cosa siamo noi nella realtà. Ecco soddisfatta l’esigenza di credere avvenuto quello che stiamo per raccontare”.
Il confino di Stefano, diventa metafora di una condizione di solitudine esistenziale, anche se colorata di passione e di “Mari del Sud”. Ma l’ingegnere imputa a sé stesso la sua situazione, si colpevolizza più che prendersela per esempio col regime fascista al suo massimo.
Un libro breve ma struggente.