TURBIGO – L’iniziativa di Antonio Bailetti, sostenuta dal Velo Club, di ricordare Raffaele Marcoli a cinquant’anni dalla morte ci ha dato motivo di riflessione. Sabato 23 luglio 2016, nel parco del palazzo de Cristoforis, sono convenute alcune centinaia di persone in memoria del campione di ciclismo turbighese. A noi ci è venuta in mente una lezione del professor Grisafulli sui ‘Sepolcri’ del Foscolo, di cinquant’anni fa. Diceva – quello che fu il nostro bravo prof di letteratura italiana – che il Foscolo cercò di trovare del divino nella vita pur non avendo fede. Partiva da un assioma il poeta: Noi siamo destinati a scomparire in quanto la natura, con le sue immense forze, non fa altro che modificare le sostanze viventi. Moriremo e la nostra carne sarà trasportata dai vermi, i quali, a loro volta, moriranno e quello che hanno preso (calcio, fosfati) andrà a concimare le piante dalle quali nasceranno dei frutti che serviranno ad alimentare altri uomini. A questa visione meccanicistica della natura subentra, conseguentemente, un altro concetto: Noi fino a quando viviamo? La nostra realtà è solamente nella carne o esiste qualchecosa d’altro?
Per il Foscolo, nell’uomo esiste una sensibilità umana, artistica, L’uomo è capace di produrre per volontà e non solamente per istinto, cioè il suo comportamento non è meccanico. Se l’uomo crea, cioè lascia un’impronta nella sua vita, la sua fine è rappresentata dalla sua morte fisica, oppure quando si spengono le sue testimonianze di vita?
Per il Foscolo (ma anche per Antonio Bailetti) l’uomo vive finché rimarrà una sua testimonianza, l’uomo vive finché qualcuno andrà a piangere sulla sua tomba. E all’opposto l’uomo muore quando di lui non si ricorda più nessuno e da questo fatto nasce la necessità di conservare le tombe, i sepolcri. Infatti, se il sepolcro è quello di un uomo che ha compiuto opere egregie (un campione), la sua tomba sarà di stimolo per i posteri, per le nuove generazioni.
Il nodo storico che diede motivo al Foscolo di scrivere ‘I Sepolcri’ era stato un editto di Napoleone che proibiva di continuare a seppellire i morti nelle chiese e intimava di togliere l’epigrafe alle tombe, con l’intento di aderire ad una sorta di uguaglianza di tutti davanti alla morte.
Il problema morale, che nasceva dal fatto di dover togliere l’epigrafe dalle tombe (come fecero alcuni Faraoni), diede motivo al Foscolo – che non voleva assolutamente che le tombe dei grandi fossero mischiate con le altre – di scrivere il suo carme. Togliendo all’uomo la possibilità di essere ricordato per un certo periodo dopo la morte – dice il Foscolo – è come se lo si uccidesse prima. Per il poeta romantico, gli ideali sono le illusioni, alimentate dai sepolcri degli uomini grandi: la bellezza, l’eroismo, per i quali è giusto lottare, anche se non saranno raggiunti nella vita, perché l’uomo è sempre grande quando tende in avanti!