RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO – In attesa che l’amministrazione in carica faccia chiarezza, fornendo in modo trasparente al consiglio comunale e a tutti i cittadini di Buscate i dettagli sul debito che il Comune ha verso il Consorzio dei Navigli, abbiamo provato a fare una sintesi molto schematica delle informazioni disponibili, stilando una cronistoria dei fatti che evidenzia una lunga serie di errori, omissioni, equivoci da parte di tutte le parti in causa. Ovviamente invitiamo (anzi ce lo auspichiamo) chiunque abbia delle informazioni diverse e documentate a comunicarcelo.
– La tassa sui rifiuti è cambiata almeno quattro volte in pochi anni (TARSU, TIA, TARES, TARI), e ciascuna di esse ha introdotto una propria normativa. Questo ha creato non poche difficoltà ai comuni in relazione alla loro corretta applicazione.
– Il comune di Buscate ha adottato la TARSU fino al 2012 e poi la TARES. Avrebbe potuto optare nel periodo per la TIA ma non lo ha fatto (per scelta?, per dimenticanza?, per calcolo?, non lo sappiamo)
– Nella TARSU il titolare del credito nei confronti degli utenti è il Comune, nella TIA è il Gestore del servizio, nel nostro caso il Consorzio.
– Nonostante la scelta fatta, la riscossione delle bollette è stata curata fino al 2011 da Equitalia (anche se Buscate faceva parte del Consorzio già dal 2007) e successivamente dal Consorzio.
– Nel 2007 Comune e Consorzio stipularono una convenzione per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani. Il testo di tale convenzione era quello standard per i comuni che avevano optato per la TIA, forse perché allora si ritenne scontata l’opzione TIA. Siccome però Buscate ha continuato ad applicare la TARSU, la convenzione di fatto non era applicabile e non è mai stata applicata.
– Nel 2011 il Consorzio propose al Comune di modificare la convenzione adattandola alla TARSU, ma il Comune non l’ha mai firmata.
– Non solo, tra il 2007 e il 2013 si sono svolte 7 assemblee del Consorzio per l’approvazione dei bilanci, in 5 di queste il comune di Buscate non si è nemmeno presentato, in una si è astenuto e in una ha votato contro.
– Con una situazione del genere il Consorzio, non sapendo che pesci pigliare, ha emesso 12 fatture per il servizio prestato con l’intestazione e il regime IVA sbagliati, e 2 fatture corrette ma in ritardo rispetto ai termini di legge.
– A causa di questa fatturazione il comune non è stato in grado di chiedere al Ministero il rimborso dell’IVA a valere sull’apposito fondo, anche se in effetti avrebbe potuto farlo lo stesso producendo altri documenti ma probabilmente in comune non lo sapevano e hanno lasciato decorrere i termini
– Il comune, nel periodo in considerazione, ha effettuato solo 3 pagamenti generici al Consorzio (uno nel 2013 e due nel 2015) per un totale di 133.000 euro, senza fare riferimento a fatture specifiche.
– Il recupero degli insoluti sarebbe spettato al consorzio se il comune avesse optato per la TIA, ma siccome ha continuato ad applicare la TARSU, la titolarità dei crediti era del comune e probabilmente anche l’onere di recupero dei crediti insoluti. Il consorzio si è limitato a chiedere al comune la differenza tra il costo del servizio e le bollette incassate.
– In definitiva il comune deve ancora 450.000 euro al consorzio per servizi fatturati e non ancora pagati. Anche se il giudice dovesse riconoscere la responsabilità del consorzio per il mancato rimborso IVA e dovesse decidere che deve rifondere l’intero danno subito dal comune, sarebbero 100.000 euro circa in meno. A tale cifra bisogna aggiungere altre voci tra cui le quote associative degli ultimi anni (finché sussiste un debito il comune è considerato iscritto al Consorzio ed è tenuto a versare la quota associativa annuale) e la penale per il recesso anticipato. Il tutto rende il conto assai salato.
– La Giunta ha dichiarato che il debito non è fuori bilancio ed è coperto da appositi accantonamenti.
– Non dimentichiamoci inoltre di quanto già speso e si spenderà in futuro per pagare avvocati e consulenti.