Come un romanzo la vita del grande imprenditore svizzero-italiano, Carlo De Benedetti, tra Svizzera e Italia, come lui stesso l’ha raccontata nell’aula magna – pienissima – dell’Università della Svizzera Italiana di Lugano, a colloquio con Ferruccio De Bortoli già direttore del Corriere della Sera e presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano. E, dalla ricca esperienza maturata in quasi tre quarti di secolo, le previsioni – non ottimistiche – sul futuro prossimo dell’Italia e dell’Unione Europea. La serata è stata organizzata dall’Associazione “Carlo Cattaneo”, in collaborazione con l’Associazione Svizzera-Israele.
Dopo il saluto del presidente della “Cattaneo” Giancarlo Dillena – gia’ direttore del Corriere del Ticino – Roberto Jarach, vicepresidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane ha illustrato, con diapositive, il Memoriale realizzato al binario 21 della stazione centrale di Milano. Una parte del luogo che ricorda da dove partirono i deportati – oltre la metà ebrei – verso i campi di concentramento e di sterminio nazisti è oggi aperto all’accoglienza di profughi (4500 lo scorso anno) sfuggiti anche loro dalle persecuzioni e dalle guerre.
Ed è riallacciandosi ad uno dei più tragici eventi della storia d’Italia che De Benedetti ha raccontato di sé e della sua famiglia: dall’agiata vita borghese all’avventurosa fuga in Svizzera con genitori e fratello attraverso un foro nella rete di confine – disegnata emblematicamente nel diario del fratello Franco – nei pressi di Revello subito prima di un rastrellamento delle SS che portò alla morte di due cugini e alla deportazione degli zii (la zia uccisa orribilmente, scuoiata viva, lo zio tornato vivo ma pazzo) ai primi durissimi tempi in un rifugio a Bellinzona: doccia fredda d’inverno all’aperto e paglia come letto. Poi Lucerna, due anni in una stanza. “Si viveva in povertà – dice De Benedetti – ma sorprendentemente felici”. Con un compito assegnato dal padre ai due figli: tenete un diario perché un giorno diranno che non è vero. A fine guerra il rientro in Italia, il ritorno all’imprenditoria. E alla Svizzera quando la minaccia delle Brigate Rosse, da cui doveva proteggersi in quanto presidente dell’ Unione industriali di Torino e del Piemonte – convinse De Benedetti a mandarvi i tre figli. Oggi tutti, padre compreso, sono cittadini svizzeri. Di se’ precisa ‘svizzero engadinese’, perche’ lo si diventa con riferimento ad una precisa citta’: nel suo caso Sankt Moritz.
Cosa ha insegnato la Svizzera? “L’educazione civica e la sobrietà. E la convinzione che se sei forte ce la farai sempre”.
Sollecitato da De Bortoli il confronto con l’Italia. “Il modello svizzero di socialismo nel rispetto del capitalismo è un miracolo irripetibile seppure mostri alcuni difetti. L’Italia è un Paese bellissimo dove si vive benissimo: difficile è lavorarvi. Gli italiani danno il massimo individualmente ma metterli assieme per un obiettivo condiviso è impossibile.
La grande invenzione degli italiani, generosi ed individualisti, sono i comuni, nei quali a livello istituzionale dovrebbero identificarsi.”
Non è ottimista De Benedetti sul futuro prossimo globale e dell’Unione Europea. La globalizzazione è stata accolta con entusiasmo perché consentiva di produrre in Paesi con salari bassissimi, ma la politica non ha voluto capire che ciò significava tagli di posti di lavoro nei Paesi più avanzati, lo sfarinamento della classe media e l’inevitabile reazione anti elites politiche ed economiche con forme di populismo e di protezionismo che possono diventare l’anticamera di nuovi fascismi.
E se vediamo il livello della classe politica – esempio i dibattiti tra Hillary e Trump, uno dei due destinato ad essere capo della più potente nazione del mondo – c’è da rabbrividire.
Lo scollamento tra classe dirigente e governati è totale, come dimostrano i referendum in serie (Brexit Cameron, Colombia, Ungheria per citare) che sconfessano le decisioni dei rispettivi governi. L’Unione Europea potrebbe essere alla vigilia dello scioglimento.
Questa Europa dei burocrati, in cui i politici sono di second’ordine, non puo’ avere futuro – ha sintetizzato.
Toccherà ad un’informazione corretta e approfondita tentare di arginare tutti i pericoli che incombono sul futuro del mondo.
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Carlo De Benedetti, dopo un’esperienza nell’azienda di famiglia ha fondato la CIR, una delle più importanti holding private italiane (14.000 dipendenti) e dal 2006 è presidente del Gruppo editoriale L’Espresso-Repubblica. E’ presidente della Fondazione Rodolfo De Benedetti (in memoria del padre) di politica economica nel campo del mercato del lavoro e del welfare in Europa.
Ferruccio De Bortoli, giornalista dal 1973, è stato direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore. E’ editorialista del Corriere della Sera e del Corriere del Ticino.
L’Associazione Carlo Cattaneo, fondata nel 1992 da un gruppo di svizzeri e di italiani, tra i quali il presidente di Assoedilizia e dell’Istituto Europa Asia Achille Colombo Clerici, promuove con iniziative diverse le relazioni culturali tra Svizzera e Italia nell’ambito letterario, artistico, sociale, economico, commerciale e politico.
FOTO: al centro da destra, Roberto Jarach, Carlo De Benedetti, Achille Colombo Clerici