Ci sono cose che si possono capire solo se sono state provate sulla propria pelle. Non si imparano, bisogna solo viverle per poter rendersi conto di cosa vuol dire. Essere figlio o figlia di una persona che, ad un certo punto della sua vita, si ammala di Alzheimer, è una di quelle cose. Tutto accade da un giorno all’altro e ti sconvolge l’esistenza. Oggi nella sala consiliare di Magenta Barbara ha parlato della sua esperienza alla fine del convegno in cui esperti hanno trattato la materia. E’ figlia di un uomo che per otto anni ha vissuto con l’Alzheimer.
Quella persona che era tuo padre o tua madre si trasforma. Diventa un’altra. Forse si fa aggressiva. Forse non ti riconosce più. Una malattia terrificante che ti toglie anche l’affetto e ti strappa il cuore. “Ti fa mancare il fiato”, ha detto Barbara che abbiamo intervistato a margine del convegno in cui si discuteva di tutti gli aspetti dell’Alzheimer. Otto lunghi anni prima di lasciare la vita. “Il ricordo è fondamentale – racconta Barbara – Prendermi cura di mio papà è stato così impegnativo e logorante che ho dato un significato diverso alla vita e ai rapporti familiari. Paradossalmente ho dato valore al ricordo. Nella vita non bisogna dare nulla per scontato, nemmeno l’espressione del viso”.
Arrivi ad un certo punto che non parli più. Barbara ha dato disposizione per due volte di non rianimare il papà durante un arresto respiratorio, salvo poi tornare sulle sue decisioni. Oggi ha ancora le lacrime agli occhi quando ne parla. Ed è normale che sia così. L’Alzheimer ha un costo. Per la persona che ne viene colpita e per i suoi familiari. Che devono poter contare su aiuti qualificati e non possono essere lasciati soli. L’Alzheimer ha un costo notevole dal punto di vista economico. Perché i centri diurni che si occupano di tali patologie sono pochi e costosi e non tutti se lo possono permettere. Col trascorrere degli anni saranno sempre di più i malati di tali patologie. Chi di dovere dovrà riflettere su queste cose.