TURBIGO – Il nostro tempo, segnato da orge in parrocchia, da alti prelati che vivono da nababbi, da sedicenni che uccidono i genitori per niente, avrebbe bisogno di una figura di alta moralità come fu quella di San Carlo Borromeo nato ad Arona (1538) e morto all’età di 46 anni. Fautore della Controriforma uscita dal Concilio di Trento assimilò le idee di un ritorno alla carità evangelica e alla dedizione verso il popolo, al punto che durante i difficilissimi momenti della peste, quando l’autorità politica si era dissolta, rimase solo Lui, a croce alzata contro la tempesta.
Nell’ottobre 1484 si recò in ritiro spirituale al Sacro Monte di Varallo, poi passò ad Arona dove cominciò ad avere i sintomi di quella malattia che l’avrebbe portato alla tomba. Venne messo su una barca diretta a Milano: percorse un tratto di Ticino e poi, a Tornavento, la barca si infilò nel Naviglio Grande. Passò quindi, morente, nei nostri paesi che aveva visitato quindici anni prima e, poche ore dopo essere arrivato alla Darsena milanese, morì.
Il nostro territorio è rimasto segnato da quello che forse è il personaggio più importante della storia del milanese degli ultimi secoli: dagli innumerevoli quadri che lo ritraggono esposti nelle chiese, alle opere da lui ordinate e realizzate, come la chiesa di San Fedele a Milano e il Santuario di Rho. Prima di San Carlo immoralità e corruzioni la facevano da padroni: il Borrmeo applicò severe norme di comportamento dando per primo l’esempio.
Le Visite Pastorali – da Lui volute – servirono anche a verificare la condotta morale dei parroci di campagna che spesso facevano i ‘padroni’ del paese. Il 9 aprile 1570 (dopo aver visitato la pieve di Corbetta), in una settimana, visitò tutte le parrocchie della pieve di Dairago: oltre alla capo pieve, Inveruno, Turbigo, Buscate, Magnago, Nosate, Borsano, Castano, Cuggiono, Villa Cortese, Arconate e Busto Garolfo. Nel corso delle Visite faceva esaminare accuratamente gli altari, il fabbricato della chiesa, descrivendone minutamente lo stato, faceva redigere l’inventario dei benefici annessi alle chiese. Vagliava con severità il tenore di vita dei sacerdoti, la loro istruzione. Tutto veniva scritto in verbali oggi conservati presso l’Archivio Arcivescovile di Milano dai quali abbiamo tratto la mappa che qui pubblichiamo.
Una mappa questa con indicazione approssimativa dei luoghi, delle distanze in miglia, dei corsi d’acqua. In un tempo in cui non esistevano ancora le carte geografiche (altro che il Gps attuale) queste carte manoscritte forniscono un importante contributo alla viabilità antica del nostro territorio. Il ‘Navilio’ circonscrive metà della carta e viene scavalcato da alcuni ponti, allora in legno. Nei pressi dei ponti di Turbigo e Castelletto di Cuggiono sono segnalate delle ‘bettole’, luoghi di ristoro dei passeggeri.
FOTO L’immagine di San Carlo è diffusa in tutto il nostro territorio (quella che pubblichiamo è un particolare della tela esistente nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano, realizzata per volontà testamentaria del cardinale Flaminio Piatti, anch’egli animato da un grande fervore controriformistico) e, alcune volte, come nella tela conservata nell’ex convento di S. Ambrogio della Vittoria di Parabiago, in momenti importanti, come quando posò la prima pietra per la chiesa di San Fedele a Milano, progettata dall’architetto Pellegrino Tibaldi, lo stesso del Santuario di Rho.