TURBIGO – ‘E’ morto Enrico Cagelli’, così un sms delle 8 del mattino del 1° marzo 2017. Erano appena terminati i rintocchi della campana che segnalavano la sua dipartita. L’emozione che prende va a cercare i momenti vissuti insieme; l’ultimo incontro conclusosi con un buffetto e un augurio. Senza parole. Solamente un sorriso e la convinzione che ce l’avrebbe fatta ad uscire dal tunnel della malattia.
Il nostro rapporto si era rinvigorito, molti anni fa, quando gli chiesi di raccontarmi la storia delle cave turbighesi. Ci venne a trovare più volte con delle foto spiegandoci anche i dettagli di come si estraeva la litta e la ghiaia delle sabbie del Ticino. Contento di dare il suo contributo alla storia del paese.
Era uno di quei pochi turbighesi sempre in ‘forza’ per il paese, disponibile a tutti i servizi con il suo pick-up, uno che non diceva che cosa bisognava fare, ma lo faceva, senza tentennamenti.
In particolare, con l’Avis, insieme alla moglie, Rita Barbieri (nella foto in occasione di una festa sociale) la sezione era diventata il fiore all’occhiello del paese, fino a cristallizzare il senso di generosità che la ispira con un monumento celebrativo del 60° anniversario, collocato all’entrata del quinto campo del cimitero nel 2011.
Sempre lui, in primo piano, sempre capace di dare il suo specifico contributo alla vita sociale del paese, come quando organizzava – nella festa dell’Immacolata Concezione – il giro del paese in calesse (trenino) per la gioia dei bambini. Una festa originale… perché era proprio quella che voleva per il suo paese, contento di farlo sorridere, il paese che lo saluta alzandosi in piedi e stringendogli la mano.
Un turbighese che aveva il ‘sentiment’ di Cesare Pavese: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti“