MILANO – La Lombardia è, nell’Unione Europea, una regione “speciale”: per numero di abitanti – oltre 10 milioni, sarebbe il sesto Paese – 800.000 imprese, produce il 20% del Pil nazionale, conta 11 siti Unesco patrimonio dell’umanità su 53 italiani, investe il 3% del Pil in ricerca, il suo capoluogo, Milano, ha il più alto numero di rappresentanze consolari al mondo. Inoltre, il residuo fiscale – cioè la differenza tra quanto la Lombardia dà allo Stato e quanto riceve in servizi – è di 53 miliardi di euro: per fare un esempio, la Catalogna che chiede l’indipendenza dalla Spagna, ha un residuo fiscale di 8 miliardi, la Baviera di 1,5 miliardi (entrambe queste regioni fanno parte, con il Rhone Alpes ed il Wurttemberg delle quattro regioni “motori d’Europa”).
La specialita’ della Lombardia in definitiva si esprime nel fatto che, a seguito di una serie di eccellenze nel diversi campi, da quello cultural sociale a quello economico, la nostra Regione ha assunto storicamente il ruolo e la responsabilita’ di mantenere agganciata l’intera Italia al mondo internazionale.
Orbene, se a seguito di una sottodotazione di infrastrutture e strutture di servizio essa e’ costretta a frenare il passo ad esser danneggiato e’ l’ intero Paese.
Il referendum del 22 ottobre non chiede certo l’indipendenza della Regione, ma una maggiore equità nella distribuzione delle risorse, pari alla metà del residuo fiscale.
Con questi incontestabili dati il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni ha parlato ai giovani allievi del Collegio Augustinianum – fondato a Milano da Agostino Gemelli nel 1933 al fine di offrire la possibilità di studiare all’Università Cattolica del Sacro Cuore a studenti capaci e meritevoli, fuori sede, ospitandoli durante il periodo degli studi universitari – intervenendo al percorso di approfondimento “Il regionalismo italiano. Quali prospettive per il futuro?”.
Maroni e il co-relatore Renato Balduzzi, ordinario di Diritto costituzionale alla Cattolica, già presidente della Commissione bicamerale per le questioni regionali, Ministro della Sanita’ ed attualmente membro del CSM, sono stati presentati in un’aula affollatissima da Andrea Patanè, vice direttore del Collegio. Tra gli invitati di spicco il presidente di Assoedilizia e dell’Istituto Europa Asia Achille Colombo Clerici che, a margine dei lavori, ha ricordato agli studenti il suo pluridecennale rapporto con il Collegio citando due illustri amici, che vi erano ospiti all’epoca dei loro studi alla Cattolica: Romano Prodi e Tiziano Treu.
Presenti, oltre al Sottosegretario alla Presidenza della Regione, Gustavo Cioppa, la Pres. del Tribunale di Pavia Annamaria Gatto, la Pres. dell’Anac Lombardia Adriana Garrammone, la Soprintendente ai Monumenti di Milano. Antonella Ranaldi, il Pres. della sezione del Lavoro del Tribunale di Milano Pietro Martello, la Pres. dell’Ordine dei Commercialisti di Milano Marcella Caradonna.
Balduzzi, dopo aver fatto presente che nessun effetto nemmeno politico puo’ derivare in materia fiscale-finanziaria dall’ intesa attuativa dell’art. 116 Costituz., ai sensi delll’art. 119, in quanto essa non puo’ comprendere la revisione del residuo fiscale; ha ricordato la lungimiranza dei padri costituenti nell’istituire le regioni a statuto speciale, esempio seguito anche dalla Francia, lo Stato più centralista del Continente.
Quanto ai principi cardine del regionalismo differenziato Balduzzi ha ricordato la sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2015 sull’art. 116 della Costituzione, che pose dei precisi paletti.
La Regione Veneto perse perche la Corte dichiaro’ che non si poteva proporre preventivamente un referendum teso alla richiesta di una riforma.
Ancor piu’del referendum proposto dal Veneto, di stampo maggiormente “catalano”, quello lombardo mantiene saldo il principio dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica.
Per Maroni, la funzione delle Regioni, ordinarie o speciali che siano, è molto importante. Lo confermano, tra l’altro, iniziative poco note quali la farmaco vigilanza; oppure rivelando allo Stato miope le conseguenze sociali del proliferare del gioco d’azzardo.
Ci sono voluti 22 anni prima che il dettato costituzionale sulle Regioni diventasse realtà; oggi è il momento di un ulteriore passo in avanti, visto che la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni e la modifica dell’art. 116 sono state respinte dalla volontà popolare (referendum dello scorso dicembre) a causa dell’incapacità della politica. E’ necessario riprendere il discorso interrotto, coniugando differenziazione con una più forte autonomia delle Regioni che permetta particolari tipi di devoluzione di responsabilità alle Regioni virtuose e meritevoli, ossia nel caso in cui le stesse presentino dei bilanci in regola.
E dunque, il processo per sviluppare l’art. 116 della Costituzione italiana non e’ affatto antistorico.
Foto: Roberto Maroni e Achille Colombo Clerici